«Se tutto il mondo vive ormai nella paura, se questa paura spinge le persone a chiudersi in casa evitando addirittura di incontrarsi e di parlarsi, se una tale sfiducia nel prossimo prende possesso degli uomini, da dove può venire un motivo di speranza se non dal di fuori, da qualcuno che non è inquinato da questa nostra uggiosa atmosfera? Da un extraterrestre per esempio».

Ci vorrebbe proprio un extraterrestre a portarci via,  canterebbe Finardi, ma anche se queste parole sembrano scritte oggi, risalgono al 1982 e appartengono a Eligio Ermeti, che così commentava l’uscita in sala del terzo lungometraggio di Maurizio Nichetti Domani si balla!, titolo che segna il passaggio dal «muto» al «parlato» nella filmografia del regista milanese e anche quello che profeticamente anticipava l’alienazione dell’individuo davanti all’imminente proliferare delle televisioni private.

RIVEDERE Domani si balla! (è possibile grazie al dvd realizzato da Shockproof e CSC) in pieno lockdown da Covid-19, ognuno chiuso nella propria dimora per decreto ministeriale al fine di ridurre l’impennata di contagi, ha un che di straniante, anche se nulla, nel film, è direttamente riconducibile a quanto stiamo vivendo in questi strani giorni del 2020. Nulla di strettamente legato al virus, alla pandemia. Eppure, certe dinamiche universali e senza tempo connesse alla paura, al controllo, all’amplificazione dei messaggi che ci arrivano dai media, portano a riflettere e invitano a mantenere sempre una certa lucidità e -almeno nel caso di questo piccolo film- a ritrovare anche una sana dose di ottimismo (proviamoci!).

INIZIO degli anni Ottanta, dicevamo. Dopo due film non parlati (Ratataplan e Ho fatto Splash), Nichetti scrive un nuovo lungometraggio assieme a Guido Manuli. L’idea, originariamente, era quella di fare un film di fantascienza su un’invasione di cartoon. Disegni animati che si mescolano alla live action. Ma per la realizzazione di un simile progetto ci sarebbero voluti budget alla Chi ha incastrato Roger Rabbit (che arriverà nel 1988, mentre per Volere Volare, sempre di Nichetti, si attenderà il 1991).

Così si è deciso di mantenere la suggestione originale puntando su una fantascienza alla Méliès, fatta di cartapesta e fondali dipinti a mano, sostituendo però l’invasione di cartoni con la musica, economicamente più accessibile: ad arrivare sulla Terra, mediante le interferenze causate dalla presenza di un’astronave aliena, è una tarantella «contagiosa» (firmata da Eugenio Bennato), una melodia irresistibile che costringe chi la ascolta a ballare senza sosta e che si rivelerà essere un antidoto alla paura che pervade le case degli italiani, traghettata attraverso i tubi catodici sempre in attività.

L’ITALIA di allora era in trasformazione. Archiviata la stagione dell’austerity e delle Brigate Rosse, ci si stava lentamente approssimando all’ubriacatura dei luccicanti anni Ottanta, quelli della «Milano da bere» e dell’ondata di «riflusso» dove l’impero Mediaset -di là da venire- ha attecchito trovando terreno fertile.

Domani si balla! però «non è un film contro Berlusconi – spiegava Nichetti – che all’epoca molti neppure sapevano chi fosse. Ma piuttosto contro l’eccesso di parole, o contro la società che faceva delle parole un modo per circuire la gente. Abbiamo esasperato quel concetto, collegando la musica dallo spazio al flusso televisivo, occupandoci così di un media che stava cambiando la nostra vita». Del resto, a dimostrare quanto l’effetto dei media nella percezione comune della gente fosse incredibilmente potente, è bastato il celebre comunicato alla radio di Orson Welles, che la sera del 30 ottobre 1938, trasmettendo La guerra dei mondi, annunciò lo sbarco degli alieni in America scatenando il panico tra gli ascoltatori.

Domani si balla!, nella cifra di una insolita favola slapstick che ha per protagonisti due stralunati reporter (Nichetti e Melato) alle prese con un improbabile scoop, anticipava molti aspetti che sarebbero entrati a far parte della nostra quotidianità negli anni immediatamente successivi. Il film – dice lo stesso regista, riportato in Maurizio Nichetti. I film, il cinema e… a cura di Massimo Causo e Carlo Chatrian – «parlava dell’ansia prodotta da una televisione che ci rende schiavi perché ci spaventa».

Da allora non molto è cambiato, oggi si potrebbe dire lo stesso non solo guardando i vari programmi à la D’Urso, ma anche nello stordimento generale prodotto da quel flusso inarrestabile di contenuti che ci bombarda ininterrottamente su ogni social media, dove è praticamente impossibile distinguere il vero dal falso.

E FA UNA CERTA impressione rivedere la sequenza nell’appartamento dei genitori di Mariangela Melato, con i pacchi di zucchero stipati ovunque per il timore che lo scoppio improvviso di una guerra ne esaurisca le scorte al supermercato, il padre collezionista di armi e ossessionato dalla «sicurezza» e la madre che disinfetta compulsivamente la casa dalle «puzze e dai microbi, come dicono i giornali», quella che oggi appare come una visione profetica. Mentre viviamo questo periodo di forzato isolamento, ovviamente disorientati da una situazione mai sperimentata prima e travolti da informazioni che più o meno dicono tutto e il contrario di tutto, proviamo almeno a coltivare la speranza di poter tornare al più presto a ballare.