Compro ancora i giornali in edicola, non mi accontento delle edizioni on-line anche se ne usufruisco volentieri. Il fatto è che mi piace il gesto, il rito dell’acquisto, il saluto con l’edicolante. E compro il manifesto (quasi) tutti i giorni. Ne conosco le vicissitudini che per certi versi fotografano la travagliata storia della sinistra, perché ho cominciato a leggerlo a diciotto anni. Molti bravi giornalisti che scrivono o dirigono altri giornali italiani sono passati per il manifesto, infatti non a caso si dice sia una buona scuola.

Il recente «cambio di guardia» è stato doloroso e dolorosamente criticato, e leggendo le critiche di Parlato e della Rossanda ho pensato: questo giornale in fondo io continuo a leggerlo, anche quando non mi piacciono per niente certe prese di posizione o certe analisi politiche, perché sa fare autocritica in pubblico.

E facendo autocritica rifonda continuamente il proprio pensiero e i propri strumenti. Soprattutto non dimentica i conflitti che animano la società senza però cadere (quasi mai) in vizi come il giustizialismo e il qualunquismo, che non sono di sinistra e che ritengo imperdonabili. Se vi pare poco, non compratelo e non abbonatevi. Se non vi pare abbastanza sappiate che questo giornale si può criticarlo apertamente, perché è nella sua storia la capacità di ospitare anche idee «non allineate».