Nel 1985 Beth Gibbons viveva tranquilla a pochi chilometri da Exeter, con la mamma e tre sorelle. Nel 1987 mollò tutto e se ne andò a Bristol per inseguire il suo sogno: diventare una cantante. Lasciò casa e famiglia, vagabonda con lo zaino in spalla, hipster e un po’ punk. Solo nel 1994 uscì Dummy, primo album dei Portishead e lei divenne una delle stelle più apprezzate e riconosciute del trip hop. Il sound di Bristol che lei e Geoff Barrow ascoltarono dai Massive Attack e dalla loro cricca non sarebbe mai più stato lo stesso dopo l’avvento dei due insieme al chitarrista Adrian Utley: lo sconvolsero con la loro miscela nella quale si alternavano le ritmiche hip hop, il soul jazz, le colonne sonore di John Barry, quelle di Morricone e molto altro ancora. Un condensato nel quale la sua voce, un prisma brillante, piena di storie da raccontare, era certamente al centro delle sperimentazioni sonore, con tonalità dal tragico al brillante.

SAREBBE presto diventata un’antidiva senza forse volerlo essere, ha centellinato le apparizioni in 25 anni di attività. Un disco solista agli inizi del duemila, il ritorno dei Portishead qualche anno dopo e ora Henryk Górecki: Symphony No. 3 (Symphony of Sorrowful Songs), eseguita da lei con la Polish National Radio Symphony Orchestra, diretta da Krzysztof Penderecki. Un disco breve ma intenso e un film che saranno disponibili dal 29 marzo prossimo. E che raccontano di quel 29 novembre 2014 al National Opera Grand Theatre di Varsavia in cui lei e l’orchestra ne fecero delle belle. In realtà quel giorno, sullo stesso palco, si esibirono anche diversi altri artisti: niente meno che il chitarrista dei Radiohead Jonny Greenwood in 48 Responses To Polymorphia e Bryce Dessner dei The National che ha presentato al pubblico Réponse Lutosławski. Una prova complicata per Beth Gibbons, alle prese con i tre movimenti dell’opera che il polacco Górecki compose alla fine del 1976: una composizione religiosa del XV secolo; una sorta di racconto che parte da un messaggio ritrovato in una cella della Gestapo; una folk song drammatica della Slesia. Non è la prima prova della Gibbons con l’orchestra.

I PORTISHEAD pubblicarono un live al Roseland di NY nel 1998, un anno dopo l’omonimo album della band, quando si ritrovarono era alle prese con il tour americano e Beth Gibbons si fece notare da tutti. Non solo per la sua risma: una donna timida, molto spesso rimaneva in disparte, aveva una sigaretta fissa tra le dita, si esibiva di spalle per vergogna più che per sfida. Soprattutto, aveva uno sguardo triste. Personaggio controverso, fragile a vederla, fortissima ad ascoltarla. Tra le sue fonti di ispirazione cita Billie Holiday ed Elizabeth Frazer, canta il mondo onirico come la realtà che ci circonda.