La Russia e la Turchia hanno alcuni importanti tratti in comune: entrambi i paesi hanno capitali legate a una tradizione universalistica che le faceva eredi, sia pure per vie traverse, dell’Impero Romano; inoltre, sono due nazioni uscite dalla crisi di due imperi transnazionali: l’Unione Sovietica (e prima la Russia zarista) e l’Impero Ottomano. Partendo da quest’ultimo, Costantinopoli è stata la «nuova» o «seconda» Roma, fondata agli inizi del IV secolo da Costantino per avere una capitale alternativa alla «prima» Roma, più in linea con l’asse politico-commerciale che all’epoca era ormai spostato a Oriente. Fino al XII secolo, la città e l’Impero Romano d’Oriente erano stati i padroni del Mediterraneo – insieme ai grandi porti musulmani -, nonché la cerniera fra Europa e Asia.

NEL 1204 VENEZIA, prima «figlia» di Bisanzio, poi concorrente, l’aveva saccheggiata in quella che viene chiamata «quarta crociata», e da allora la città e l’impero non si erano più ripresi. Sicché, la conquista ottomana di Costantinopoli e la sua trasformazione in Istanbul non hanno decretato tanto la fine di una realtà politica, quanto piuttosto la rinascita di una città che, con la sua posizione, è quasi naturalmente votata a ricoprire un ruolo d’eccellenza. La trasformazione in Istanbul l’aveva dunque condotta a tornare capitale di un impero, quello ottomano, che sarebbe prosperato per secoli. I primi grandi sultani, come Solimano il Magnifico, avevano rivendicato tale eredità, sentendosi parte di una continuità imperiale millenaria. Tuttavia, la tradizione religiosa Ortodossa, che si percepiva erede del cristianesimo costantiniano, dopo la conquista turca aveva almeno in parte intrapreso una migrazione scegliendosi come nuova capitale la «terza» Roma: Mosca.
Insomma, due capitali e due imperi che delimitano a Oriente i confini dell’Europa, e i cui destini nel corso dei secoli si sono intrecciati. Tale intreccio viene ricostruito da Franco Cardini, Il Sultano e lo Zar. Due imperi a confronto (Salerno, pp. 278, euro 15). Si tratta di un libro dalla struttura circolare: si parte dal presente e dal ruolo che Russia e Turchia odierne giocano nello scacchiere internazionale, soprattutto mediorientale. Poi Cardini ripercorre comparativamente le storie dei due imperi, ottomano prima, russo poi: ovviamente nei loro rapporti con l’Europa (della quale fanno parte, anche se considerate, a torto, culturalmente e politicamente marginali), con il Mediterraneo (sbocco naturale per i turchi, a lungo inseguito dai russi nelle diverse epoche), con l’Asia (si pensi al Grande Gioco fra Ottocento e Novecento).

L’IMPERO OTTOMANO aveva rappresentato tra Quattro e Ottocento una realtà trasnazionale, nella quale convivevano etnie e religioni differenti. Questo equilibrio, scrive Cardini, era stato gradualmente corroso e sconvolto nel corso del XIX secolo a causa degli interessi politico-economici delle potenze occidentali e della stessa Russia, che stavano mettendo a punto differenti sistemi di penetrazione e di conquista coloniale.

ALLO STESSO TEMPO, la modernità occidentale esercitava un fascino potente sulle élites socioeconomiche tanto turche quanto arabe. Il concetto di «patria-nazione», originariamente estraneo al mondo musulmano, ha agito negli ultimi due secoli come un possente fattore di rinnovamento, ma anche di disgregazione della compagine sultaniale, dando vita a un nazionalismo turco e a uno arabo tra Anatolia e Vicino Oriente.
La corsa allo smembramento dell’Impero Ottomano, già avviata all’inizio dell’Ottocento con le lotte per l’indipendenza sia della Grecia, sia delle varie nuove nazioni balcaniche, un secolo dopo coinvolse anche i paesi arabi pure sotto il dominio turco. Com’è noto, la volontà delle potenze occidentali di ridisegnare il Vicino e Medio Oriente ha dato origine a una compagine di Stati che negli ultimi due decenni sono esplosi sotto i nostri occhi.

LA RUSSIA, tradizionalmente in competizione con la Turchia per l’egemonia sull’Asia centrale e per lo sbocco al Mediterraneo, dopo alcuni anni di assenza sugli scenari internazionali, rivendica oggi un ruolo maggiore attraverso una rete di alleanze come quelle con Siria e Iran; mentre anche la Turchia di Erdogan sembra aver messo la sordina alla pulsione verso l’Europa, per guardare di nuovo agli orizzonti orientali e mediterranei.
Con queste considerazioni Il Sultano e lo Zar torna alla contemporaneità e ai suoi nodi difficili da districare; mentre il lettore ha la consapevolezza che questo gioco di rimandi tra passato e presente è essenziale per non cedere alle lusinghe di spiegazioni banali a problemi complessi.