Ogni anno ha il suo colore e non parliamo di pessime annate o  di personalissimi periodi neri o alla Picasso, rosa e poi blu.

C’è un’azienda statunitense, la Pantone Inc., che oltre a catalogare i colori e produrne sistemi di identificazione secondo il noto sistema divenuto norma cromatica globale,  decide il colore rappresentativo di ogni nuovo anno. Ebbene per il neonato 2018 il fiocco è viola, anzi, ultra viola: una sfumatura che  “comunica originalità, ingegno e pensiero visionario che ci indirizza verso il futuro”. Niente a che fare con il Purple One (la tonalità che la Pantone Inc. ha dedicato a Prince e al suo pianoforte Yamaha ) né con il viola vescovile che non esiste in commercio ma è creato su commissione (stessa sorte del rosso dei cardinali, il ponsò) ed è per intenderci quello sgradito agli artisti dai tempi in cui sotto Quaresima, ammantata di viola- penitenza e lutto, veniva vietato e punito ogni spettacolo di intrattenimento; il Paonazzo Romano, questo il suo nome tecnico, ha infatti in comune con l’Ultra Violet solo l’aspirazione al cielo che nel Pantone 2018 non corrisponde però necessariamente all’Eden ma ha a che fare con ogni forma di nuovo mondo e di esplorazione. Questo non a caso sarà un buon anno per la conquista dello spazio, con il lancio di sonde asiatiche (cinesi, giapponesi e indiane) fin sulla faccia nascosta della Luna, con quelli della Nasa che (i soliti megalomani) puntano al Sole dimenticando quel che capitò a Icaro, e la vecchia Europa che con la sonda dell’Esa farà rotta su Mercurio. L’Ultra Violet parte dal Blu del cielo e va oltre, richiama l’Omega viola della poesia sinestetica di Rimbaud (Voyelles) in cui il poeta esalta il raggio violetto di occhi amati. E ultra violetti sono i raggi con la frequenza maggiore rispetto a quella massima delle radiazioni a noi visibili (che ci si manifestano violette, appunto): fino ad ora siamo arrivati a vedere il viola, e adesso? Chissà che una delle sonde non ci conduca proprio alla visione di quell’Ultra Violet, in fin dei conti anche l’extraterrestre della canzone di Eugenio Finardi viveva sotto un cielo un po’ più viola del normale.

Oltre a dare materiale per articoli di costume con la faccenda del colore dell’anno, la Pantone Inc. , dicevamo, classifica i colori e con un ramo d’azienda specifico (Il Pantone Institute) fornisce consulenza cromatica ad aziende e a chiunque ne senta il bisogno. Forti del dato che normalmente l’80% dell’esperienza umana viene filtrata attraverso gli occhi quelli del Pantone Institute guidano i grandi marchi nella scelta fondamentale del colore, scelta che soggetta a variabili storiche e geografiche, all’aria che tira e al genius loci.

Il primo target dei consulenti cromatici è, insieme al comparto alimentare (dove rosso equivarrebbe a un imperativo: mangia) il mondo della moda. La memorabile Miranda Priestly /Meryl Streep nel non del tutto memorabile “Il diavolo veste Prada” tratto dal nel libro di Lauren Weisberge dava un saggio di questo con una tirata sul colore ceruleo.

Oh, ma certo, ho capito: tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso, ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo. […] E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti. Dopodiché è arrivato a poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l’hai pescato nel cesto delle occasioni, tuttavia quell’azzurro rappresenta milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro, e siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori delle proposte della moda quindi, in effetti, indossi un golfino che è stato selezionato per te dalle persone qui presenti… in mezzo a una pila di roba.

Il brano viene analizzato nei corsi di comunicazione e design ed è finito anche nel poderoso saggio Einaudi del visual designer Roberto Falcinelli “Cromorama-come i colore ha cambiato il nostro sguardo” insieme a un milione di riferimenti al colore nella storia dell’arte come nella cultura popolare, dai fumetti ai detersivi. Un aggiornamento importante alla vasta letteratura internazionale sul colore (che la bibliografia di Cromorama contempla quasi interamente) che tradisce l’età dell’autore, classe 73, con la disamina dell’impatto dei colori nella società e del susseguirsi dei miti e delle metafore cromatiche. Una carrellata storica che tiene conto anche della rivoluzione dell’iMac, dell’evoluzione sinestetica del packaging della 7UP (quando nella lattina è stato inserito il colore giallo i consumatori l’hanno percepita più limonosa), delle tinte delle M&M’s dei costumisti di “Downton Abbey”, dei riferimenti cromatici della “Donna che visse due volte”, della qualità della luce nei fastfood, del design del romanzo della “Storia Infinita”; il tutto senza tralasciare l’esposizione accuratissima di concetti scientifici affatto banali e con un apparato iconografico che scorre parallelamente al testo, elemento anche questo che aggiunge freschezza e godibilità al saggio di oltre quattrocento pagine, e fornisce scampoli di immagini senza didascalia. L’attenzione all’ uso di codici cromatici come modi di abitare l’immaginazione (la definizione è di Falcinelli) caro agli inventori della mazzetta Pantone e del giochino del colore dell’anno, sembra tornare in auge ultimamente nell’editoria divulgativa e non, con l’uscita, di alcuni mesi precedente quella di Cromorama, dell’affine Colorama edito in Italia da Ippocampo, campionario cromatico destinato ai più piccoli, opera di Marie Laurie Cruschi direttrice artistica di diverse agenzie di comunicazione a Parigi con il nome d’arte di Cruschiform . L’ineffabile Amazon lo consiglia misteriosamente per la brevissima fascia d’età 5- anni 8, ché si sa poi i libri passano di taglia come i jeans. In realtà il testo illustrato è ben fatto e adatto anche a lettori promossi in quarta elementare. I colori contemplati sono centotrentatre, e ad ognuno sono dedicate due facciate: una col colore a tutto campo, l’altra con il nome del campione cromatico e dieci righe che ne raccontano la storia: c’è il rosso che dalla tonalità Estate Indiana, passando dal rosso Marte a quello della Terra Battuta arriva all’arancione degli Stimmi di Zafferano, all’Arancia, al Carota fino al Pel di Carota che, nella classificazione ricostruita dall’autrice francese, è tutta un’altra cosa rispetto alla carota basic. A proposito: forse tutti non sanno, ma Roberto Falcinelli si, che il tubero in questione non è sempre stato arancione: è diventato così dopo una serie di incroci realizzati a fine 1600 per omaggiare i Reali olandesi, gli Orange appunto.

Più o meno contemporaneo a Colorama è a sua volta Colorpedia di Sean Adams, già presidente nazionale dell’American Institute of Graphic Arts, guida ai colori edita da Taschen e pensata per lettori addetti ai lavori (visual designer) ma di fatto buona per chiunque “desideri usare il colore in modo più consapevole e creativo”. Purché beninteso poi non si faccia venire in mente strane idee e decida di trattare il colore come una cosa quando non lo è, magari provando a brevettarlo. Tutelare un certo tipo di giallo, spiega Falcinelli, è insensato come fare proprio il caldo o il salato, come mettere il copyright su una sensazione.

O, aggiungiamo visto che siamo nell’anno dei viaggi spaziali ultravioletti, come aggiudicarsi una stella e dargli un nome per regalarla all’amata.