È stato ancora una volta l’anno di Putin, anche se qualche scricchiolio nei corridoi del Cremlino si è sentito.

Grazie alla regia dei suoi spin-doctor e alla macchina clientelare di «Russia Unita» il plebiscito che desiderava nelle presidenziali, è arrivato puntuale. Ed è arrivato anche il grande successo d’immagine dei Mondiali di calcio. Organizzazione perfetta, tifosi stranieri ammirati e perfino la mediocre sbornaja, grazie a tenacia e cuore è riuscita a giungere ai quarti. A offuscare l’idilliaco quadro ci ha pensato inizialmente solo l’esplosione del caso Skripal, l’ex agente russo avvelenato in Gran Bretagna.

Se inizialmente i dubbi su un’orchestrata provocazione internazionale sono immediatamente sorti tra gli osservatori più indipendenti, l’emergere di forti indizi contro Alexander Petrov e Ruslan Boshirov in qualità di improbabili imprenditori del fitness e cultori della cattedrale di Salisbury, ha trasformato il caso in una spy-story in stile guerra fredda di cui sentiremo ancora parlare. Anche per questo le sanzioni si sono moltiplicate senza che Mosca potesse replicare efficacemente.

Con gli Usa la tensione è rimasta alta. Trump vorrebbe bloccare North Stream 2, il gasdotto che dovrebbe portare altro gas russo in Germania dal 2020, per poter vendere il proprio congelato a prezzi maggiorati e ha denunciato il trattato di non proliferazione dei missili a breve e medio raggio. Putin ha risposto a muso duro e farà installare i nuovissimi missili «Avanguard» già nei prossimi mesi, ma è ancora convinto che se il capo della Casa Bianca non fosse stato intralciato dall’opposizione democratica forse le cose sarebbero potute andare un po’ diversamente. Anche per quanto riguarda l’Ucraina.

L’incidente sullo stretto di Kerch ha reso ancora più difficile il dialogo per la pace ma al Cremlino si spera nelle presidenziali in programma a Kiev alla fine di marzo. Una vittoria di Yulia Timoshenko, data probabile dai sondaggi, potrebbe rimescolare le carte. Merkel è rimasta alla finestra ma l’Europa è troppo divisa per trovare una posizione comune nei confronti di Mosca. Valga per tutti la politica cerchiobottista del governo italiano, a parole disponibile a trattare con la Russia ma nei fatti allineata e coperta ai diktat di Nato e Commissione Europea.

Resta il rafforzamento delle intese con Xi ed Erdogan. Con la Cina l’interscambio ha raggiunto i 100 miliardi di dollari scavalcando quello con la Germania calato a 80. Con la Turchia, anche grazie all’intesa di Astana, al momento sono rose e fiori ed è prevedibile che i russi continueranno per ora a svernare nei resort low-cost della Mezza Luna. Sul piano interno la situazione resta delicata. Rublo e prezzo del greggio continuano ad andare sulle montagne russe rendendo incerta la navigazione al ministero dell’economia mentre aumento dell’età pensionabile e dell’Iva russa di 2 punti hanno creato parecchi malumori tra i russi. E i 9 minatori rimasti uccisi nei pozzi in Siberia nei giorni di Natale, senza che i sindacati avessero la forza di indire uno sciopero, misurano la prostrazione delle classi subalterne in quella che fu la patria di Lenin.