Il 2019 anno bellissimo? Ma dai, era solo «una battuta di reazione a previsioni troppo pessimistiche». Conte liquida così, relegandola nel regno delle facezie, quella previsione che il suo Def ha dimostrato essere quanto di più distante dalla realtà. Non si pensi però che l’ammissione equivalga all’avvio di un’autocritica. Al contrario, il capo del governo e i due vicepremier si vedono a pranzo e concordano sulla necessità di indorare l’amara pillola di fatto impostagli da Tria: un Def scuro come una notte senza stelle.

ED ECCO DUNQUE ARRIVARE, al posto delle critiche, le conferme delle proprie ottime ragioni: «Non ci sono state cattive previsioni. E’ che oggi c’è una congiuntura completamente diversa». Non è neppure vero che, in termini di crescita, le misure cardine del governo, Quota 100 e «reddito di cittadinanza», siano del tutto inutili come scritto nel Def: «Avranno un impatto positivo che valuteremo nel secondo trimestre». Insomma quello 0,2% di crescita prevista è stato scritto «per prudenza». In realtà «secondo il governo la crescita potrebbe essere superiore». Un lapsus che rivela come il Def, più che «dal governo» sia stato voluto e imposto da un ministro dell’Economia vissuto quasi come un corpo estraneo. Arriva poi, immancabile, la rassicurante conferma: «Non prevediamo né patrimoniale né aumento dell’Iva». Come evitare i succitati e assai poco popolari interventi Conte non lo dice. Si affida a formule usate tanto spesso da essere ormai quasi rituali, «Spending Review, Tax Expenditure». Salvini concorda, con toni più ruggenti: «Non ci sarà l’aumento dell’Iva né ci saranno tasse sui riparmi o sulla casa e chi ne parla dovrebbe vergognarsi». L’allusione è all’Fmi, che in un report assai preoccupato sul debito italiano ha suggerito ieri «una moderna tassa sulla casa». Quanto alle coperture, Salvini è persino più generico di Conte: «Arriveranno dalla crescita». La stessa crescita che il Def del governo esclude. Impossibile evitare la sensazione che il Tesoro e il resto del governo vedano due realtà diverse. Il Def è l’istantanea della situazione vista da via XX settembre. Il pranzo e le successive dichiarazioni di ieri raccontano la realtà vista da palazzo Chigi. Si potrebbe parlare di divorzio tra la politica e l’economia. Anche quando discutono di una delle note più dolenti, la Flat Tax, i triumviri di palazzo Chigi lo fanno solo affrontando il versante politico della vicenda: si tratta di coniugare l’esigenza della Lega, un avvio di taglio fiscale, a quella dei 5 stelle, il sostegno alle famiglie in maggiore difficoltà. È una trattativa lunga, ci vorranno mesi e Conte lo dice chiaramente: «Confidiamo di avere per dopo l’estate programmi più definiti e dettagliati». Cercando di quadrare il cerchio tra la tassa piatta del leghista e quella progressiva, cioè di ispirazione opposta, del pentastellato. Per il resto i commensali discutono a tutto campo. Salvini chiede di fissare tempi precisi per l’approvazione delle leggi, segnala l’urgenza di affrontare il dissesto della giustizia, nessuno dei tre dimentica quei rimborsi ai risparmiatori che sono di nuovo arenati. Politica, appunto, ma affrontata come se l’economia fosse un universo parallelo destinato a non incrociare mai la loro rotta.

DA QUELL’UNIVERSO arrivano invece segnali sempre più allarmanti. Draghi, pur considerando ancora «basse» le probabilità di recessione, fa però capire che la gelata non è solo peggiore del previsto ma sarà anche più lunga. Per l’Italia, incalza, «la priorità è ripristinare crescita e occupazione ma senza alzare i tassi d’interesse», cioè tenendo sotto controllo lo spread. Preoccupazione condivisa dall’Fmi, per cui «le difficoltà di bilancio in Italia hanno riacceso i timori sul legame tra debito sovrano e settore finanziario». Sirene d’allarme che si sommano a quelle del Def, dunque condivise da Tria ma forse anche da Giorgetti, il pragmatico della Lega che è anche l’unico a non escludere del tutto l’aumento dell’Iva: «Si vedrà nella legge di bilancio: non si può ancora dire». Fino alle europee i binari della politica e dell’economia non si incontreranno. Poi, forse in settembre, forse in giugno, i due universi paralleli dovranno fare i conti l’uno con l’altro.