L’Anm promuove la mediazione raggiunta da tre partiti su quattro della maggioranza in materia di prescrizione, ma senza scaldarsi troppo. «Non è una soluzione irragionevole», dichiara il segretario dell’Associazione dei magistrati Giuliano Caputo, rispondendo così a Renzi che in un’intervista aveva invocato la bocciatura della legge, anche corretta, da parte dei togati. Caputo però aggiunge che, «sulla base di preoccupazioni catastrofiche che non condividiamo si è creato uno stallo. Si è parlato troppo di prescrizione e non si è parlato più della durata del processo, che invece era un’urgenza».

In realtà il segreto della crisi che è montata sul nodo della prescrizione e che non accenna a risolversi è proprio qui. Sulla carta la riforma della prescrizione e quella del processo avrebbero dovuto marciare di pari passo, e in questo modo si sarebbe sgombrata la strada da parecchi ostacoli. Non è andata così, ma non perché governo e maggioranza fossero troppo occupati ad azzuffarsi sulla prescrizione per ricordarsi del problema principale, la durata del processo. Il blocco è dovuto, tanto per cambiare, ai dissensi nella maggioranza sugli interventi necessari per accelerare i tempi biblici dei processi. La realtà è che la divisione nella maggioranza non è limitata a un “particolare” come la prescrizione ma attiene all’intera visione della riforma della giustizia.

L’incidente, anche per questo motivo, non si chiuderà affatto tanto presto quanto il Pd e Conte si augurano. Renzi infatti insiste e non molla: «Decida Conte: se vuole cacciarci basta dirlo. Se vuole tenerci lavoriamo. Ma nell’uno e nell’alltro caso non votiamo il pasticcio prescrizione». I tamburi di guerra di Italia viva continuano a rullare per tutto il giorno, da Maria Elena Boschi, la più agguerrita, alla ministra Bellanova, che in serata ribadisce: «Se si dovesse arrivare allo scontro non saremo stati noi a provocarlo. Avevamo detto molto chiaramente che sui valori non si transige».

Allo scontro si arriverà di certo, anzi a una serie di scontri: in sede di cdm quando si varerà il dl (sempre che Mattarella permetta di usare quella scorciatoia e non è certo), sul lodo Annibali e poi sul dl Costa alla Camera, infine in aula, al momento della conversione dell’eventuale dl. L’incognita è su quanto deflagrante e reale o invece mimato e di facciata sarà il conflitto. Dai piani alti di Iv tengono la bocca chiusa, giurano che al momento l’unica certezza è che non ci sarà il passaggio all’appoggio esterno. Gli estremi per un provvidenziale uscita dall’aula dei senatori di Iv, così da marcare la differenza, rispettare l’impegno a «non votare il pasticcio» e tuttavia evitare la crisi ci sono tutti: facile che finisca proprio così. Non è detto che basti. Alla Camera il dl Costa, che cancellerebbe la riforma Bonafede, non dovrebbe passare comunque, ma la lacerazione della maggioranza sarà traumatica. Se poi Fi ripresentasse lo stesso testo al Senato per Renzi limitarsi a uscire dall’aula non sarebbe facile.