Silvia Albano, giudice civile a Roma iscritta a Magistratura democratica e ad AreaDG, perché ieri si è dimessa dall’esecutivo dell’Associazione magistrati?
L’ho fatto perché non condivido il rinvio a ottobre delle elezioni per il Comitato direttivo centrale. Penso che in un momento così grave la guida dell’Anm dovrebbe essere legittimata dal voto, tornare rappresentativa di tutta la magistratura ed essere in grado di interloquire autorevolmente con la politica sulle riforme in cantiere. Il voto telematico che era stato deciso a marzo durante il lockdown paradossalmente si è rivelato una complicazione. Avremmo potuto e secondo me dovuto andare a votare a luglio, con la consueta modalità ai seggi. Si poteva fare osservando le distanze di sicurezza, del resto anche l’attività dei tribunali è ripresa.
Nella giunta esecutiva dell’Anm restano però altri tre rappresentanti di Area, compreso il presidente Poniz. C’è una spaccatura nella sua componente?
Le mie posizioni le rappresento da tempo nelle riunioni del gruppo, le dimissioni non sono state un fulmine a ciel sereno. Sono in minoranza e ne prendo atto, meglio che mi sostituisca qualcuno che possa più convintamente rappresentare le posizioni maggioritarie. A mio avviso non c’è una riflessione adeguata alla gravità del momento e ai rischi che corre la magistratura associata.
Quali sono?
L’Anm può essere spazzata via dalla valanga di fango delle chat. Avremmo dovuto chiamare tutte le componenti a un’assunzione di responsabilità per rifondare l’associazione. Vanno messi da parte i calcoli elettorali e gli interessi di parte. Bisogna pensare a salvare la storia importante dell’associazione che è stata un presidio per la democrazia, capace tra le altre cose di opporsi alle riforme costituzionali che avrebbero messo a rischio l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Questa autorevolezza l’Anm ce l’aveva anche perché era rappresentativa di tutta la magistratura. Ora non lo è più neanche formalmente visto che una componente – tra l’altro quella culturalmente a me più lontana, Magistratura indipendente – ha abbandonato l’organo rappresentativo dell’associazione.
Nel frattempo Palamara sulle scale della Cassazione ha fatto una chiamata di correo: «Non ho mai agito da solo», ha detto.
Il suo è un gioco molto pericoloso, simile a quello che regge la pubblicazione a rate di spezzoni scelti di intercettazioni. L’obiettivo è evidente: tutti colpevoli nessun colpevole. Invece è chiaro che non tutte le responsabilità che emergono sono uguali. Ci sono comportamenti gravi, gravissimi e anche semplicemente inopportuni. Detto questo non si può negare che nelle chat ci sia la traccia di un sistema. Lo spaccato è agghiacciante, la spartizione del potere non rispondeva neanche più alle logiche di gruppo ma alla vicinanza al capo di turno. Tant’è vero che molte guerre erano condotte all’interno dei gruppi.
Il trojan nel telefono di Palamara ha catturate anche chat con esponenti di Area e di Md.
Non credo che Md e nemmeno AreaDG intendano tirarsi indietro dalle loro responsabilità o auto assolversi. Il sistema era tale perché – a diversi livelli – tutte le componenti erano coinvolte. Dunque adesso tutte devono profondamente mettersi in discussione, ragionare sulla democrazia, sui processi decisionali e sulla trasparenza all’interno dei gruppi. Per salvare il senso dell’associazionismo e riportarlo agli scopi e ai valori iniziali. Quello che emerge è che c’era un sistema di potere che agiva secondo una logica puramente spartitoria, senza valori; sistema nel quale erano coinvolti alcuni, forse tanti, ma non il corpo degli appartenenti ai gruppi associativi.
Come si fa a difendere le correnti di fronte a questo panorama?
L’ha detto il presidente Mattarella, la dialettica e il pluralismo sono una ricchezza per le nostre istituzioni. I gruppi sono stati l’aggregazione dei magistrati attorno a una certa concezione della giurisdizione, a valori e idee che hanno fatto crescere la magistratura dandole maggiore consapevolezza del suo ruolo. Sono stati lo strumento di una partecipazione democratica e critica dei magistrati alle scelte dell’Anm e dell’autogoverno. Il senso dell’associazionismo era questo: il confronto e l’aggregazione intorno all’idea di magistratura e giurisdizione che si voleva affermare, la critica alla giurisprudenza e ai provvedimenti giudiziari. Su questo confronto di idee, che avveniva anche all’interno dell’Anm, si è evoluta la giurisprudenza e si è costruita la democratizzazione degli uffici. Ma si sono perse le idee ed è rimasto solo il potere.