«Esprimiamo apprezzamento per il complessivo impianto e per molti degli interventi di riforma». È un sostanziale via libera quello che arriva dall’Associazione nazionale magistrati al disegno di legge sull’ordinamento giudiziario e il Csm approvato nella serata di venerdì dal Consiglio dei ministri. Anche se non mancano aspetti critici, soprattutto sul sistema elettorale, dove «c’è il rischio di produrre esiti opposti a quelli che si dichiarano»: l’obiettivo del governo è quello di fare spazio ai candidati indipendenti dalle correnti. Resta la contrarietà al sorteggio «applicato anche in via residuale al sistema elettorale del Csm e alle dinamiche che ne regolano il funzionamento interno». Al caso è infatti affidata la selezione di 5 su 6 componenti della commissione disciplinare e di tutti quelli della commissione incarichi direttivi (non quindi sorteggio per tutte le commissioni, come ha detto venerdì il ministro Bonafede in conferenza stampa). Per l’Anm il sorteggio «è in contrasto con i principi costituzionali» e «rappresenta una risposta demagogica a problemi complessi». Infine per la magistratura associata, piegata dallo scandalo del «caso Palamara», va bene contrastare «la degenerazione correntizia», ma senza arrivare a «negare il necessario e vitale pluralismo culturale».

Secca invece la bocciatura che arriva dagli avvocati penalisti. «La riforma del sistema elettorale del Csm potrebbe fare in modo che siano eletti principalmente pm, come accade per l’Anm», prevede il presidente dell’Unione camere penali Gian Domenico Caiazza.

Con fatica, l’Associazione nazionale magistrati riesce dopo una giornata di confronto tra le tre correnti rimaste a reggere la giunta esecutiva – la sinistra di Area, i centristi di Unicost e i davighiani di Autonomia e indipendenza – a produrre una nota di commento alla riforma. Non solo per la necessità di studiare un testo che non era conosciuto negli ultimi dettagli, ma anche perché la campagna elettorale per il rinnovo del parlamentino delle toghe è già cominciata (si voterà ad ottobre) e non è semplice limare un documento comune.
In precedenza era arrivato il commento di Area, che muove anche lei dai «molti aspetti che incontrano le richieste della magistratura», come «l’organizzazione della procura, l’accesso alle funzioni di legittimità, l’attribuzione alla scuola superiore della formazione per il concorso, la partecipazione alle elezioni politiche ed amministrative ed il successivo ricollocamento dei magistrati». Sul Csm Area giudica positive «l’incompatibilità tra alcune commissioni e la sezione disciplinare, l’apertura dei ruoli tecnici al mondo universitario». Invece «desta perplessità la norma che vieta la costituzione di gruppi nel Csm perché rischia di ostacolare il funzionamento dell’organismo e di risolversi in un’ipocrisia». Sbagliata anche «la composizione delle commissioni per estrazione» e restano le critiche «sull’effettiva garanzia circa la rappresentanza di genere» e sul sorteggio che «svilisce la competizione elettorale».

Non solleva troppi dubbi il muro che è stato alzato tra il mandato politico e il ritorno in magistratura. «Chi viene eletto non potrà tornare in magistratura a vita», ha detto il ministro. In realtà – per evitare una sicura incostituzionalità – la toga che esce dal parlamento sarà collocata in un ruolo speciale presso il ministero. Il segretario di Area Eugenio Albamonte non lo giudica un eccesso. Il parlamento, spiega, «è lontano dal modello costituzionale – quello disegnato da Aldo Moro quando diceva che i magistrati dovevano potersi candidare perché come parlamentari senza vincolo di mandato restavano autonomi e indipendenti dai partiti. Oggi è difficile per un magistrato che vi ha fatto parte rientrare in magistratura mantenendo un profilo di indipendenza». Albamonte «apprezza» quindi che dopo il mandato non si torni nell’immediatezza a funzioni giurisdizionali attive, ma «resta da discutere se sia meglio prevedere un purgatorio, un periodo di sospensione, o l’inferno del divieto a vita. Anche perché per gli incarichi importanti al ministero vige lo spoil system, di conseguenza chi non è in linea con il ministro di turno sarà tenuto in parcheggio».

Di segno nettamente opposto e molto critica la nota di Magistratura democratica, a riprova delle distanze che si allargano dentro Area, macro corrente alla quale Md aderisce. Mariarosaria Guglielmi e Riccardo De Vito, segretaria e presidente di Md, giudicano la riforma «un coacervo di disposizioni eterogenee e affastellate, nelle quali è persino difficile scorgere una filosofia di fondo, una visione alternativa a quelle che sono state le cause della crisi». La riforma, spiegano, non combatte «la trasformazione verticale della magistratura e il carrierismo, plasmati da una concezione impiegatizia del lavoro, virus che hanno determinato la grave regressione svelata dall’indagine di Perugia». Secondo Md, impedendo la costituzione dei gruppi nel Csm «non si stroncano i vizi del correntismo» né «si eviteranno i rischi di convergenze non dichiarate che muovono da interessi di potere e che hanno condotto alla frana del sistema».