A distanza di oltre quaranta giorni dalle elezioni che hanno rinnovato la rappresentanza dei magistrati, L’Anm ha un nuovo presidente. È Giuseppe Santalucia, 56enne toga di Area, il raggruppamento della sinistra che nelle urne ha prevalso di pochi voti sulla corrente di destra, Magistratura indipendente.

Proprio la polarizzazione, esito delle prime elezioni seguite all’esplosione dello scandalo legato al nome di Luca Palamara, ha reso problematica la ricerca di un accordo per la formazione della nuova giunta. Sono servite cinque faticose riunioni del parlamentino (a metà tra presenza e teleconferenza), distanziate da settimane che avrebbero dovuto favorire l’intesa. Invece persino il confronto tra i leader delle correnti è risultato difficile, anche perché nel comitato direttivo centrale c’è adesso una nuova corrente (non si definisce così) Articolo 101, sempre pronta a imputare alle altre «biechi accordicchi.

Dal vicolo cieco l’Anm è uscita solo quando Luca Poniz, presidente uscente, ha ritirato la sua candidatura, associando però al suo destino tutti gli altri magistrati già eletti nel precedente comitato direttivo centrale. «La discontinuità e il rinnovamento nei simboli devono valere per tutti, ha detto. La rinuncia ha riguardato altre due toghe della stessa Area e tre di Magistratura indipendente, la componente che ha più insistito sulla rottura con il passato. Insistenza comprensibile, visto che il passato prossimo dell’Anm è l’ultima giunta Poniz che – a ruota dell’inchiesta Palamara – ha dovuto rivolgere la sua azione moralizzatrice contro Mi e quella parte della corrente centrista di Unicost che è confluita in Mi.

«Ancora una volta è toccato a noi fare lo sforzo maggiore per arrivare a una soluzione», commenta a cose fatte il segretario di Area, Eugenio Albamonte, «la componente era pronta a sostenere Poniz a oltranza, ma è stato lui a decidere di dare una sterzata, altrimenti di fronte all’irragionevolezza di alcuni comportamenti ci sarebbe stato un altro rinvio». Invece così i magistrati sono riusciti a darsi una gestione a quattro – Area, Mi, Unicost e la corrente orfana di Davigo, Autonomia e indipendenza, fuori solo i 101 – e un nuovo presidente che gode della stima generale. Ma in concreto a fare le spese del passo indietro di tutti gli uscenti è stata la candidatura di Silvia Albano, la più votata di Area dopo Poniz che però non è mai stata indicata dalla sua corrente per la presidenza. I passaggi seguiti al voto, infatti, hanno testimoniato una volta di più la difficile convivenza di Area e Magistratura democratica, la storica corrente di sinistra che dieci anni fa ha costituito Area (con i “verdi”) ma che da tempo ne denuncia il moderatismo. Se non una scissione (Md farà il congresso, Covid permettendo, nei primi mesi del prossimo anni) questa spaccatura interna complica i prossimi passaggi, a cominciare dalla ricerca di un candidato comune di Area per le prossime, ennesime elezioni suppletive del Csm.

E così dalla nuova giunta esecutiva centrale guidata da Santalucia sono rimasti fuori oltre ad Albano proprio i magistrati di Md, Santoro e Celli, mentre Area ha ottenuto per se tre posti: il presidente e Lilli Arbore ed Elisabetta Canevini, rispettivamente terzultima e ultima delle elette della corrente. Nel rispetto dei pesi tra le correnti e nelle correnti, invece, l’incarico di segretario della Gec è andato al primo degli eletti di Magistratura indipendente, Casciaro, mentre quello di vice presidente alla prima delle elette di Unicost, Maddalena e la guida dell’ufficio sindacale al primo degli eletti di AeI, Morgigni.

Santalucia, catanese, è stato pm antimafia ed è adesso giudice di Cassazione. Di Md, è stato candidato al Csm proprio nelle elezioni del 2010 che videro il debutto di Area. Per cinque anni, dal 2013 al 2018, è stato prima vice e poi capo dell’ufficio legislativo dell’ex ministro della giustizia Orlando. Non sfuggendo alle critiche della sua corrente in occasione del decreto Minniti-Orlando, quello che secondo Md introduceva «forme di diritto speciale per gli stranieri». Osservata speciale nella nuova giunta la componente di Autonomia e indipendenza, che soffre la concorrenza di Articolo 101 e si è probabilmente spaccata già nel voto al nuovo presidente. La giunta può restare in carica fino a nuove elezioni tra quattro anni, ma è più probabile che si andrà a una rotazione degli incarichi a metà mandato. Un rimpasto.