Abdelmajid Touil: il nome di questo giovane marocchino di 22 anni non dobbiamo dimenticarlo. Rappresenta la testimonianza della nostra vergogna nazionale, come dell’improntitudine del governo Pd-Ncd. Senza dimenticare fogliacci come Il Tempo e Il Giornale che hanno rispettivamente titolato «L’Isis è pregata di presentarsi all’imbarco» e «Centro accoglienza terroristi». Un’accolita anche stavolta guidata dal capomanipolo Matteo Salvini al grido di: «Ve l’avevamo detto, i terroristi arrivano coi barconi».

Il caso di Touil doveva essere la prova provata dell’insidia terrorista che sale sui barconi – alla deriva nel Mediterraneo, davvero una brillante logistica. E che invece è rappresentata dai migranti che sulle carrette del mare fuggono da guerre e miserie, e che per questo subiscono il traghettamento malavitoso degli scafisti.

Ma il castello di menzogne è crollato. Grazie in primo luogo alla reticenza di una magistratura milanese che almeno ha conosciuto esempi clamorosi di depistaggio internazionale, come fu per il caso Abu Omar.

Potevano mai bastare allora sull’attentato sanguinoso del Bardo, le accuse dei servizi segreti tunisini rimaneggiati e travolti anche loro dagli avvenimenti degli ultimi mesi a Tunisi? Per il governo italiano bastava e avanzava, tant’è che il ministro Alfano ha riferito in Parlamento rivendicando la giustezza dell’arresto. E il presidente del Consiglio Renzi ha rincarato la dose: «Chi mette in dubbio l’arresto è da lettino dello psicanalista».

Nonostante che l’accusa ad Abdelajid Touil passasse nel giro di poche ore da «partecipazione diretta» a «ispirazione» dell’agguato del Bardo.

Alla fine una rapida verifica delle notizie – perché esiste ancora un giornalismo non embedded – ha delineato il quadro di un giovane immigrato certo «clandestino», ma che studia l’italiano, che non appoggia la jihad, che era in Italia il giorno della strage ed è sempre rimasto nel paese dove abita la famiglia che aveva denunciato la perdita del suo passaporto.

Ce n’era abbastanza per essere quantomeno guardinghi. E invece no.

Il trofeo andava comunque esibito. Tanto per nascondere il passo falso del governo italiano: perché l’annuncio della distribuzione di migranti per quote invece rifiutate dai paesi europei mostra che la cosiddetta «guerra agli scafisti» con una mega-flotta navale europea fin nelle acque territoriali della Libia, altro non è che un’avventura di guerra.

Ora possiamo riparare. Ad Abdelmajid Touil che ha subìto questo oltraggio rischiando il rimpatrio in Tunisia o in Marocco (che hanno la pena di morte), la presidenza della Repubblica del «ponderato» Mattarella dovrebbe perlomeno concedere il permesso di soggiorno. E a Salvini un barcone (con viveri, s’intende) perché si avvii da solo nel grande Mediterraneo.