«Tutti sanno quello che avviene, iniziando dai sindaci finendo con l’ultimo operatore ecologico. Tutti sanno che qui operano imprese appartenenti ai vari esponenti dei clan». Antonio Iovine, 49 anni, il «ministro dell’Economia» dei casalesi, parla lentamente. Collegato in videoconferenza da una località protetta, racconta al pm Antonio Ardituro della Dda di Santa Maria Capua Vetere trent’anni di storia criminale. Ha da poco deciso di collaborare con la giustizia «per dare una svolta definitiva alla mia vita».

Si assume la responsabilità di numerosi omicidi, come esecutore e come mandante. Li elenca in modo inespressivo. Descrive un sistema in cui imprenditoria e camorra sono strettamente legati, fino a perdere i confini tra l’una e l’altra. Gli appalti nella zona del casertano, spiega Iovine, erano tutti dei casalesi. «Capisco che è una cosa abbastanza assurda, ma sarebbe bene che una riflessione la facessimo un po’ tutti, perché si è perso il senso della legalità». Qualcuno in aula sorride, nemmeno i poliziotti riescono a trattenersi.

Ma lui continua con lo stesso tono di voce: «All’inizio eravamo noi a cercare gli imprenditori: quando loro si aggiudicavano un appalto, li interpellavamo per avere la nostra quota. Poi le cose sono cambiate. Dopo il 1995 erano loro ad avvicinarci, sceglievano il loro punto di riferimento: potevo essere io, o Zagaria, o Panaro, o Schiavone. Qualcuno veniva da noi e proponeva cose e appalti concreti». Un sistema, quello descritto da Iovine, basato su amicizie con funzionari e tecnici comunali i cui nomi ogni famiglia mafiosa manteneva strettamente riservati e personali.

Iovine lo chiama l’«Anello», una specie di camera di compensazione tra imprese, clan e Stato.

Il dialogo tra O’ ninno e il pm Ardituro si fa più serrato. Iovine: «All’epoca frequentavo la casa di Vincenzo Della Volpe». Ardituro: «Quindi era un imprenditore che favoriva la sua latitanza?» Iovine: «Sì. Mi appoggiavo a casa sua. Lui mi spiegò il funzionamento del sistema degli appalti: era l’anello di congiunzione tra tutti gli imprenditori. Decidevano insieme chi avesse bisogno di lavorare. A me, poi, garantivano una quota tra il 5 e il 7% a seconda delle mie esigenze».

Il suo ruolo nell’«Anello» era quello di evitare che vi fossero intoppi di qualsiasi tipo in una organizzazione che per il resto «era gestita dagli imprenditori». Un compito tipicamente mafioso, raccontato anche da altri collaboratori di giustizia: «Il mio ruolo era di “avvisare” le imprese che non erano legate a quel gruppo di non partecipare alle gare. A volte c’erano dei problemi. Ad esempio una volta una ditta non era stata avvisata e si aggiudicò una gara nell’alto casertano. A quel punto Francesco “Sandokan” Schiavone recuperò i soldi con le estorsioni».

Chi faceva parte del Sistema non avrebbe avuto alcun problema: «Con Vincenzo Della Volpe c’era collaborazione: non era necessario usare parole violente con quel gruppo di imprenditori. Lui mi chiedeva se, per esempio, vi fossero imprenditori che crescevano fuori dal suo controllo, ma io lo rassicurai su questo».

Ed è proprio mentre racconta dei lavori aggiudicati all’«Anello» di imprese, quelli per il rimboschimento del casertano, che spunta il nome dell’ex ministro dell’agricoltura Gianni Alemanno. «Tra il 2003 e il 2005 – racconta Iovine – vi furono dei finanziamenti per il rimboschimento dell’alto casertano. Non ho mai capito bene a cosa servisse. Fu un intervento che venne direttamente dal ministero dell’Agricoltura, fu proprio prospettato dal ministro Alemanno». Dichiarazioni in parte già depositate nei verbali resi alla procura di Napoli, che Alemanno ha subito smentito («All’epoca non ero ancora ministro»). Iovine continua, racconta un episodio preciso sull’ex ministro di An: «Alemanno fu invitato a un comizio a Casal di Principe. Era il periodo delle elezioni e un mio nipote, Giacomo Caterino, figlio di mio cugino Paolo Caterino, invitò il ministro a tenere un comizio al cinema Faro di Casal di Principe».

Poi il pm Ardituro torna sull’«Anello», chiede di approfondire ancora il meccanismo degli appalti. Iovine spiega come sono stati svolti i lavori per la metanizzazione di sette comuni dell’agro aversano, tra cui Casal di Principe. «Alcune cose si sanno, solo che non si vogliono capire – continua o’ Ninno – Gli appalti pubblici nelle nostre zone si sa a chi appartengono e chi li gestisce. Solo che alcune volte si fa finta di niente, si fa finta di non capire. Vi posso fare degli esempi evidenti: un sindaco che sta facendo delle operazioni importanti nel suo paese, come i lavori per il gas cittadino, può non sapere chi li sta eseguendo i lavori? Come sono stati appaltati? Quando non ci sono le domande – perché non ci sono le domande – allora dico: è tutta una convivenza».

Iovine parla anche di un accordo con una cooperativa emiliana, «una ditta del modenese che si chiama Concordia, che è assoggettata ad un imprenditore di Casapesenna legato a Michele Zagaria. A volte basta una lettera con il nome all’attenzione del sindaco». Non importa l’appartenenza politica, spiega Iovine. «Questo sindaco avrebbe dovuto farsi delle domande, chiedersi se l’imprenditore fosse un affiliato, vi garantisco che non se le è fatte». Per ora il racconto dell’«Anello» si ferma nel casertano. Ma è solo l’inizio.