Maurizio Landini, segretario generale Cgil, domani con Cisl e Uil tornate in piazza con tre manifestazioni a Torino – dove sarà lei – , Firenze e Bari. Quanto le è mancata la piazza in questa pandemia?
Scendiamo in piazza perché è il momento di cambiare. Vogliamo dare un senso di unità del paese e del fatto che la ricostruzione e gli investimenti devono fondarsi sul lavoro di qualità e dare una prospettiva a giovani, donne e sud. Questo perché se possiamo dire che si sta uscendo dalla pandemia è grazie al contributo dei lavoratori. Non è accettabile tornare alle condizioni pre pandemia: basta con la precarietà e la insicurezza sul lavoro. Le manifestazioni vogliono rimettere al centro il lavoro.

Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini

Lei evoca la rottura sociale per lo sblocco dei licenziamenti ma il vicepresidente di Confindustria, il moderato Maurizio Stirpe, la contesta e sostiene che «agita lo spettro per provare a cambiare certi provvedimenti».
Continuo a pensare che sia utile evitare che dal primo di luglio ci siano licenziamenti. Ricordo che riguarderebbero il settore industriale e manifatturiero: stiamo parlando di lavoratori che insieme alle aziende che pagano il contributo per la cassa integrazione ordinaria. Si può fare la riforma degli ammortizzatori e per le imprese che si devono riorganizzare si incentivino gli strumenti alternativi ai licenziamenti.

Il ministro Orlando ha promesso un nuovo incontro con voi prima di presentare la riforma degli ammortizzatori sociali. La Cgil cosa chiederà?
Noi abbiamo chiesto al governo e a tutte le forze politiche di prorogare il blocco fino a fine ottobre. La riforma degli ammortizzatori deve estendere le tutele a tutti i lavoratori in senso universale e deve essere fondata su un’idea mutualistica con tutte le imprese e i tutti i lavoratori che devono contribuire. Bisogna incentivare la formazione dei lavoratori fino al diritto permanente alla formazione. Serve una riforma del centri per l’impiego per iniziare vere politiche attive per il lavoro. Infine abbiamo chiesto che gli strumenti come la Naspi siamo più sostanziosi e senza il decalage che ne riduce l’importo e la durate.

Draghi secondo lei cercherà ancora una mediazione sui licenziamenti? In queste settimane lei, come Sbarra e Bombardieri, è stato avvistato a palazzo Chigi. Che rapporto ha con Draghi? Non siete stati troppo morbidi all’inizio con lui?
Noi con il governo abbiamo dimostrato che se coinvolti siamo capaci di risolvere i problemi. Sia con il governo Conte – con i protocolli sulla sicurezza, un esempio in Europa, che hanno permesso a tutte le attività di non fermarsi – e anche con il governo Draghi con i Patti sul lavoro pubblico e la scuola fino ai miglioramenti sul decreto Semplificazioni cancellando il massimo ribasso e garantendo che nei subappalti ci sia lo stesso trattamento economico e normativo dell’impresa madre. Da questo punto di vista noi stiamo rivendicando non solo il blocco dei licenziamenti ma, al governo che si appresta a implementare il Pnrr e le riforme collegate, stiamo chiedendo che si sancisca una sede di confronto preventivo e mi riferisco alle scelte di politiche industriali – su trasporti, rete unica, energie rinnovabile – senza dimenticare le pensioni. Queste scelte devono rispondere a una domanda: questi processi aumentano il lavoro in Italia o solo le importazioni? Con la manifestazione rivendichiamo che gli investimenti post pandemia devono avvenire con il coinvolgimento del mondo del lavoro, su un’idea di paese fondato sulla giustizia sociale con un nuovo stato sociale in cui si investa sulla conoscenza e sulla sanità.

Ci sono molte polemiche sul ruolo che Draghi ha dato ad una serie di economisti liberisti contrari al ruolo dello stato in economia sul Pnrr. È preoccupato?
Il mercato da solo non è in grado di definire un nuovo modello di sviluppo. Anzi, le logiche di questi ultimi 20 anni sono state smentite e hanno prodotto livelli di diseguaglianza, precarietà e impoverimento senza precedenti. Quindi siamo convinti che un intervento pubblico che indirizzi gli investimenti sia necessario. Del resto dalla siderurgia al settore aereo è utile e necessario il ruolo pubblico. Il problema non è solo vengono realizzati gli investimenti ma quali nuove filiere produttive si realizzano per il nostro paese.

Lei domani parlerà a Torino, la città della Fiat alle prese con i ritardi di Stellantis sulla sede del polo delle batterie elettriche.
Siamo di fronte a un grande cambiamento tecnologico e del concetto stesso di mobilità. In questo senso è necessaria la presenza del governo nel confronto sindacale in corso con un gruppo importante come Stellantis affinché gli investimenti siano in grado di progettare e costruire in Italia le batterie e utilizzare le capacità produttive e professionali presenti nel nostro paese.

La morte di Adil ha fatto conoscere a tutti l’escalation della violenza nella logistica. Un settore in cui – se la legge sulla rappresentanza che lei chiede da almeno 10 anni fosse realtà – i Cobas sono molto rappresentativi. Non sarebbe giusto farli entrare nei tavoli dei rinnovi contrattuali?
Innanzitutto c’è un primo tema che riguarda le leggi fatte in questi anni. Noi chiediamo che si applichi quello che è stato fatto negli appalti pubblici anche nel settore privato. Dal far west dei subappalti alle cooperative spurie, serve un provvedimento legislativo per dare valore generale ai contratti nazionali. Occorre uscire da una visione sbagliata: la rappresentanza della Cgil nel settore logistico è da anni in aumento. Poche settimane fa, il 18 maggio, dopo un grande sciopero nazionale, il contratto della logistica è stato rinnovato con tutte le associazioni datoriali che compongono la filiera. Proprio l’applicazione di quel contratto permette di garantire ai tutti i lavoratori gli stessi diritti e le stesse tutele. Così come vorrei far notare, a proposito di presenza sindacale, che in Amazon il primo sciopero mondiale di tutta la filiera è stato fatto dalle nostre categorie in Italia. Così come 6 mila rider sono stati assunti a tempo indeterminato da Just Eat applicando proprio il contratto della logistica, come chiedevamo noi. Dopo di che io sono da sempre per la libertà sindacale e per far votare i contratti da tutti i lavoratori. Il nostro problema non sono gli altri sindacati ma le imprese che non applicano i contratti. Questa è una battaglia comune che va fatta. Ma serve un cambiamento legislativo. Nulla in contrario ad una legge sulla rappresentanza che misuri anche quelle delle imprese. È il momento di aprire una grande discussione per un nuovo processo di unità e democrazia sindacale che parta dai luoghi di lavoro.