Il tour campano di Maurizio Landini ieri aveva in programma quattro assemblee in vista della manifestazione del centro sud della Fiom contro il Jobs Act, prevista per il prossimo venerdì, dopo quella di Milano. Prima tappa la Whirlpool di Napoli, per poi spostarsi alla Indesit di Marcianise, nel casertano, quindi all’Ansaldo Breda di Napoli e all’Alenia Aermacchi di Pomigliano d’Arco, dove l’incontro si è svolto davanti ai cancelli e le tute blu della Cgil hanno dovuto proclamare un’ora di sciopero per ascoltare il leader della Fiom (adesione del 70% degli operai del turno centrale). Il clima nella fabbrica aeronautica del gruppo Finmeccanica è teso, la dirigenza a fine ottobre aveva impedito l’assemblea richiesta dalla Fiom, ieri Landini ha annunciato di aver depositato un ricorso per condotta antisindacale contro l’Alenia: «Il diritto alle assemblee deve essere riconosciuto, perché non è un regalo che ci fanno».
Il corteo a Napoli ha un valore simbolico: «Il Sud paga il doppio rispetto al resto del paese – ha spiegato il leader Fiom -. Il problema non è rendere più facili i licenziamenti ma fare investimenti». La crisi riguarda l’intero sistema paese ma nel mezzogiorno la tenuta sociale ed economica è seriamente a rischio. «Pezzi interi dell’economia reale, in tutta Italia e in alcuni casi anche fuori, sono in mano alle mafie – ha proseguito -. I costi della criminalità sono uno dei problemi della mancanza di investimenti, non lo Statuto dei lavoratori o la Fiom. Il governatore Ignazio Visco ha chiesto una legge sul rientro dei capitali e sull’antiriciclaggio. Perché il governo non fa la faccia dura contro questi interessi?».
Invece secondo la Fiom l’esecutivo ha preferito l’attacco ai diritti dei lavoratori e ai contratti nazionali, gli effetti al sud potrebbero essere più gravi visto che qui metà dei giovani non ha un impiego e chi lo perde non ne trova un altro, se non al nero. «Quando Renzi ha dato gli 80 euro abbiamo detto che eravamo d’accordo. Quando ha detto che voleva tassare le rendite finanziarie abbiamo detto che eravamo d’accordo. Poi tra luglio e agosto non so cosa sia successo». Il patto del Nazareno con Fi ma non solo: «Mi sembra che ci sia anche un patto con Confindustria e con i poteri forti. Siamo dentro lo schema delle politiche di Monti e Letta. Il governo non ha il consenso di giovani, precari e di quelli che lavorano. Così rischia di rispondere ai soliti interessi forti, a chi ci ha portato in questa situazione».
Secondo il rapporto Svimez 2014, nel Mezzogiorno dal 2008 al 2013 gli investimenti nell’industria sono calati del 53%, il numero degli occupati è di 5,8 milioni, il livello più basso dal 1977. La Campania è all’ultimo posto nelle regioni italiane, non resta quasi più niente. Finmeccanica non ha ancora presentato un piano per l’Alenia, l’ad Mario Moretti potrebbe decidere di tenere le strutture del nord e sacrificare quelle a sud, a cominciare dallo stabilimento napoletano di Capodichino. Messe peggio l’Ansaldo Breda e Sts (gruppo Finmeccanica): il comparto ferroviario è in via di cessione, probabilmente ai giapponesi dell’Hitachi che potrebbero sfruttare i brevetti di Sts e dismettere la Breda. «Avevamo chiesto al governo di investire nel polo ferroviario pubblico, includendo anche la Firema del casertano, un settore considerato strategico in tutta Europa – spiega Maurizio Mascoli, segretario generale Fiom Campania – ma hanno deciso di vendere. Se consideriamo che Fincanteri sopravvive costruendo parti di navi per gli altri siti e il bacino di carenaggio nuovo non è mai arrivato, alla Selex di Giugliano sono state tagliate le produzioni di qualità e gli ingegneri della sede napoletana di Telespazio rischiano di essere spostati a Roma, la fuga è completa».
Non va meglio nel settore auto: «La Fiat ha promesso un nuovo modello di Panda nel 2018 ma non ha detto dove lo realizzerà – prosegue Mascoli -, a Pomigliano tra lavoratori diretti e indotto sono in circa 2.500 in cassa integrazione o con il contratto di solidarietà». Secondo Landini, proprio «da Pomigliano è cominciato tutto: quel tentativo di far saltare i diritti dei lavoratori si è allargato a tutti, e gli stessi diritti sono messi in discussione dal governo. Con il disfacimento dell’articolo 18 non si mette in discussione solo il licenziamento individuale, ma anche quello collettivo, perché le aziende ricorreranno alle mobilità e poi al licenziamento senza che nessuno faccia nulla».