Tra la Fiat e la Fiom è guerra. L’incontro di ieri, fissato tra i vertici della multinazionale dell’auto e il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, è «andato male» (le parole sono dello stesso Landini). Già dalla vigilia, con l’annunciata assenza di Sergio Marchionne, recatosi a Detroit per occuparsi della Chrysler, si era capito che tirava una brutta aria: ma le tute blu della Cgil sono andate lo stesso, per chiedere di rientrare a pieno titolo nelle agibilità sindacali, così come è stato riconosciuto dalla recente sentenza della Corte Costituzionale.
Ma hanno trovato davanti a sè un muro: e non solo, al nulla di fatto si è aggiunto il rifiuto del Lingotto di fissare un nuovo incontro a settembre. «Fiat nei fatti non intende applicare la sentenza della Consulta e ha riproposto come condizione il fatto che la Fiom riconosca l’accordo che non ha firmato – ha spiegato Landini uscendo dall’incontro – L’assurdo è che dovremmo riconoscere l’accordo che ci ha esclusi per poter avere i diritti che sono stati sanciti dalla Corte Costituzionale».

La Fiom non si arrende e anzi per settembre annuncia battaglia, con l’intenzione di ricorrere ancora una volta alle vie legali pur di venire riconosciuta come sindacato trattante ai tavoli: «Non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare a quello che la Consulta ha dichiarato e cioè che un sindacato rappresentativo ha il diritto di esistere, di essere presente e di poter svolgere la propria attività sindacale dentro i luoghi di lavoro – ha continuato il segretario Landini – Chiediamo al governo di far applicare la sentenza della Corte Costituzionale. Di leggi inutili e incostituzionali a favore di Fiat, i governi in passato ne hanno fatte abbastanza, come l’articolo 8 di Sacconi. A settembre – ecco la dichiarazione di guerra – abbiamo il diritto di rientrare e metteremo in campo tutto quello che potremo fare perché venga rispettato, anche le vie legali».

Il segretario della Fiom ha poi spiegato più nel dettaglio come si è svolto l’incontro: «La Fiat – spiega – ha rigettato la nostra proposta dell’8 luglio scorso, che prevedeva la sospensione delle azioni legali al fine di ripristinare le normali relazioni sindacali all’interno del gruppo. Hanno risposto ribadendo che le agibilità sindacali potranno esserci concesse solo se ci sarà da parte nostra il riconoscimento del contratto collettivo specifico di lavoro. Paradossalmente, la direzione aziendale ha chiesto alla Fiom Cgil di riconoscere la stessa intesa che l’ha esclusa dalle relazioni sindacali».

«Trincerandosi dietro la scusa che i suoi avvocati stanno ancora valutando gli effetti della sentenza della Consulta – continua Landini – la Fiat ha addirittura rifiutato la richiesta della Fiom di tornare a incontrarci a settembre, anche per affrontare tutti i nodi del futuro industriale del gruppo. L’azienda conferma così la decisione di continuare su un percorso di non riconoscimento della rappresentatività della Fiom, nonostante la Corte Costituzionale abbia giudicato questo comportamento lesivo degli articoli 2, 3 e 39 della nostra Costituzione».

La Fiom ribadisce al governo la richiesta di «un tavolo con le parti sociali e la Fiat»: «Sono a rischio i diritti e le libertà e sono totalmente incerti il futuro e l’occupazione in Italia – ha spiegato – Siamo di fronte a un futuro di cassa integrazione. Di Cassino non si sa il futuro, sugli investimenti non abbiamo certezze, c’è il rischio che gli stabilimenti chiudano: non abbiamo mai visto impianti che restano aperti senza produrre auto».

Dalla Fiat arriva una sostanziale smentita delle parole del segretario Fiom: «La Fiat ha chiaramente detto che rispetterà la sentenza della Corte Costituzionale la cui applicazione non può che essere di competenza dei giudici di merito, non certamente di Landini – scrive il portavoce del Lingotto in una nota – Come spesso gli succede, il segretario della Fiom, Maurizio Landini, strumentalizza a suo piacimento quanto è stato detto nel corso dell’incontro tra l’azienda e la sua organizzazione». Le dichiarazioni di Landini, conclude il comunicato, «sono la testimonianza che è impossibile tenere rapporti normali con la sua organizzanizzazione, che peraltro non tiene alcun conto della posizione degli altri sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori della Fiat».

Sì, gli altri sindacati: l’azienda li aveva incontrati in un veloce round pre-Fiom, giusto il tempo utile per riconfermarsi reciproca fedeltà sulla linea da tenere: «Abbiamo ribadito, pur nella condizione di oggettiva difficoltà del mercato dell’auto – ha sintetizzato per tutti il segretario Uilm Uil Rocco Palombella – la validità del sistema di relazioni industriali, attraverso il quale abbiamo rinnovato il contratto specifico dell’auto. Chiunque voglia partecipare al suddetto sistema deve aderire al modello in questione. Non esistono scorciatoie».

Pd e Sel, al contrario, propendono per la Fiom. Il segretario Sel Nichi Vendola invoca addirittura un commissario: «Delirio di arrogante onnipotenza di Marchionne senza più limiti – scrive su Twitter – Se azienda insiste a non riconoscere sentenze e Costituzione Repubblica, governo provveda a commissario…».

Netto anche il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, big del Pd: «A quanto pare Silvio Berlusconi non è l’unico a far fatica in Italia a adeguarsi alle sentenze delle magistrature più alte – dice – Fiat rispetti la sentenza della Corte Costituzionale e ripristini la democrazia nelle sue aziende. Una maggioranza con dentro il Pd, come non farà mai una legge ad personam, così non farà mai neanche una legge ad aziendam».