I sindacati dicono no a un accordo al ribasso sull’Ilva: vanno salvate tutte le produzioni, i posti, ma anche i salari. La Cgil, con il segretario confederale Maurizio Landini, si spinge oltre, e come già qualche giorno fa torna a ribadire: è ora di entrare con denaro pubblico, attraverso Cassa depositi e prestiti, nella proprietà del gruppo, in modo che lo Stato possa fare da garanzia. E dire che Cdp era già in una cordata – AcciaItalia – bocciata dal governo in favore di Mittal. E adesso che il piano degli indiani è in crisi, Landini si permette una battuta chiudendo a Roma il convegno Fiom sull’auto: «Il governo giudica la proposta Mittal irricevibile dopo aver bocciato la cordata a cui partecipava la stessa Cdp. Penso sia l’unico esecutivo al mondo che riesce a perdere quando entra in partita», ironizza.

Landini invita il governo a «non fare il gioco delle tre carte»: «Conosceva benissimo – attacca – cosa stava proponendo Mittal visto che la proposta che ci ha girato Am Investco era firmata dai tre Commissari straordinari nominati dall’esecutivo, e cioè licenziamenti e riassunzioni secondo il Jobs Act senza quindi l’articolo 18». Così come l’esecutivo sapeva, dice ancora, già prima dell’inizio della trattativa, che i sindacati non avrebbero mai firmato un accordo in quel senso. Il problema, infatti, «non è solo il salario ma tutta la proposta occupazionale complessiva che prevede esuberi inaccettabili», spiega ancora Landini, che ribadisce la necessità di una «presenza pubblica di garanzia» guardando a un possibile ruolo di Cdp. «Quando i governi entrano in campo in Usa, Germania e Francia decidono cosa fare. Sono scelte politiche, di politica industriale, con cui l’intervento pubblico indica condizioni e vincoli».

L’annullamento del tavolo sull’Ilva, lunedì sera da parte del ministro dello Sviluppo Calenda, è per Landini è un successo ascrivibile solo alla forza dei sindacati che hanno scioperato unitariamente: «Le condizioni non le cambi senza mobilitazione – dice alla platea delle tute blu riunita a Roma – Fino a lunedì ci hanno detto che eravamo matti ma lunedì mattina gli stabilimenti erano vuoti come non succedeva da anni. Hanno scioperato tutti e non solo gli operai. Altrimenti non avrebbero certo detto “Arcelor Mittal ci hai fregato”».

E se dalla Fiom la segretaria Francesca Re David dice chiaro e tondo che «non può esserci accordo con gli esuberi» e che bisogna tutelare « tutta l’occupazione di Ilva e degli appalti», dall’altro lato l’omologo della Fimc Cisl, Marco Bentivogli, invita l’Ilva a «giocare a carte scoperte»: «Condizioni contrattuali, no ai licenziamenti, ambiente: sono gli snodi attorno al rilancio della produzione sostenibile dell’acciaio – spiega – Va sollecitata tutta la cordata che si è aggiudicata la gara ArcelorMittal, Marcegaglia e Banca Intesa, per costruire un negoziato proficuo. Senza contare il passaggio stretto all’Antitrust, il negoziato contiene già troppe insidie che vanno depotenziate anche grazie all’azione di governo».