Chi gli è stato più vicino fa sapere che era malato da tempo, le sue condizioni di salute sono peggiorate decisamente negli ultimi quindici giorni e il cuore, già affaticato, non ha retto. Ma don Andrea Gallo non ha voluto far pesare su nessuno la sua malattia ed è rimasto attivo fino all’altra sera, quando ha perso coscienza e la sua esistenza è rimasta appesa al filo di un respiratore artificiale. È stato solo allora che la Comunità di San Benedetto al Porto si è decisa a diffondere la notizia dell’aggravamento, che si intuiva irreversibile, delle condizioni di salute del suo fondatore, nell’ormai lontano 1970. Lo ha fatto chiedendo «pace e tranquillità», perché è così che il prete «angelicamente anarchico» – come si era definito in un’autobiografia – il partigiano Nan dei tempi della Resistenza, il comunista che amava fondere la Bibbia, il Vangelo e il Capitale, il «new global» sostenitore delle battaglie altemondialiste, aveva deciso di accomiatarsi dal mondo.

[do action=”citazione”]«Angelicamente anarchico», partigiano, new global, comunista, antiproibizionista, vicino alla Teologia della Liberazione. Nel suo ultimo libro aveva difeso papa Bergoglio. Un prete fuori dagli schemi[/do]

 

È morto nella sua comunità, tra la gente a cui ha voluto bene e dalla quale è stato contraccambiato, don Andrea Gallo, dopo un ricovero all’ospedale San Martino per complicazioni cardiache e un versamento pleurico al quale era seguito un repentino e inesorabile aggravamento delle condizioni di salute. Chi lo ha visto negli ultimi tempi descrive un uomo affaticato, con evidenti problemi respiratori, che però non gli avevano impedito, appena tre settimane fa, di partecipare a un flash mob per salvare il Teatro Modena, a Sampierdarena. «Di cultura si vive, se chiude un teatro è una condanna», aveva detto con la solita verve. Pochi giorni fa, appena uscito dall’ospedale, aveva voluto incontrare privatamente il tecnico del Genoa Davide Ballardini, e aveva festeggiato con un tweet la salvezza della squadra dal baratro della serie B.

Non era uno che le mandava a dire, don Andrea Gallo. Da sempre. La sua voce roboante e l’irruenza che ne caratterizzava l’eloquio lo avevano imposto all’attenzione mediatica, pur essendo lui un personaggio “scomodo”, disobbediente su tanti temi alla linea ufficiale del Vaticano, a partire dai diritti civili: l’antiproibizionismo sulle droghe, la partecipazione al Gay Pride e la difesa dei trans («la Chiesa purtroppo tentenna», disse a margine di una manifestazione lgbt) e al G8 di Genova. Quando il sottosegretario Gianni de Gennaro chiese scusa per le «violenze» del 2001, non si accontentò: «Non basta. Troppo comodo. Manca Claudio Scajola che era il ministro degli Interni, manca Gianfranco Fini che era il vicepremier, manca De Gennaro che era il capo della polizia. E mancano i vertici di Cgil, Cisl e Uil: ancora oggi ci devono spiegare perché, a differenza della Fiom, non erano in piazza con noi».

[do action=”citazione”]Il fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto è morto tra i suoi «ragazzi»[/do]

Negli ultimi anni, la sua voce si era trasferita anche sulla carta. I suoi libri, pubblicati da Chiarelettere, invadevano le librerie come torrenti in piena e scalavano, sorprendentemente, le classifiche di vendita. Gli servivano, aveva ammesso, per finanziare la sua comunità e dare sostegno a tossicodipendenti, poveri, prostitute. Ha fatto in tempo a darne alle stampe un ultimo, “In cammino con Francesco”, nel quale giudica positivamente l’elezione di papa Bergoglio e, ancora una volta, non ha paura di schierarsi controcorrente. In questo caso prendendo le difese dell’ex cardinale di Buenos Aires contro chi lo sospettava di connivenza con la dittatura argentina, lui da sempre vicino alle posizioni della Teologia della Liberazione: «Papa Ratzinger ha posto al centro il bene della Chiesa, con coraggio e assumendosi le proprie responsabilità. È stato il quarto papa del post-Concilio. Ora è arrivato papa Francesco a farci sperare di nuovo in una Chiesa dei poveri. Un sollievo dopo tanta pena», scrive.

Don Andrea Gallo non aveva mai rinunciato a intervenire anche nell’agone politico: amico di Fausto Bertinotti, nel 2008 aveva chiuso dal palco la campagna elettorale di Rifondazione comunista – «Gesù non era moderato», aveva detto – alle primarie del centrosinistra aveva appoggiato Nichi Vendola e non aveva fatto mancare il suo sostegno al candidato sindaco di Genova Andrea Doria, anch’egli vicino a Sel; da ultimo, aveva subito il fascino del Movimento 5 Stelle, forse anche perché conosceva personalmente il suo concittadino Beppe Grillo. Non gli era piaciuto l’atteggiamento del centrosinistra: «Hanno fatto male a demonizzarlo». Ma l’infatuazione non è mai stata acritica. Subito dopo le elezioni, insieme a Dario Fo – altro “grillino” reo confesso – aveva lanciato un appello all’ormai ex comico, caldeggiando un’intesa con Pierluigi Bersani: «Caro Beppe, prova a domandare sul web ai tuoi milioni di elettori se la maggioranza è d’accordo ad andare a sedersi a un tavolo con il centrosinistra. Chi veramente ha a cuore il bene comune dovrebbe cercare di trovare uno spiraglio in queste tenebre».

Chi gli stavano a cuore erano i contenuti, piuttosto che i giochi politici, le alleanze o i personalismi. Dei “grillini” non gli dispiacevano le battaglie ambientaliste, per l’acqua pubblica, contro la Tav in Val di Susa. E forse anche il fatto di essere un movimento sì virtuale, ma giovane e di massa. Chissà cosa avrebbe detto, se ne avesse avuto la forza e il tempo, delle ultime esternazioni contro gli immigrati del politico genovese.

Don Andrea Gallo è stato, naturalmente, un grande amico del manifesto, al quale non si negava mai. L’ultimo articolo scritto per questo giornale è datato 2 gennaio 2013. «Il debito pubblico è un dogma?», chiedeva alle forze politiche alla vigilia della campagna elettorale. E se la prendeva con il governo Monti, come sempre in maniera lucida e sferzante, e senza timore di fare nomi e cognomi: «Il presidente del consiglio è stato consulente della stessa banca americana e ora anche della Coca Cola e nei cda delle Generali e della Fiat. E i ministri dove sono stati precettati? Passera, ad di Intesa San Paolo; Fornero, vicepresidente di Intesa San Paolo; Gnudi, amministratore di Unicredit Group; Giarda, vicedirettore della Banca Popolare e amministratore della Pirelli. È forse un governo tecnico per il bene dell’Italia o una dittatura delle banche, salvate da parecchi miliardi in America e in Europa? In una crisi nata dalle banche e mascherata dal debito pubblico». Lascia tanto, don Andrea Gallo. Ci mancherà la sua voce.