L’altro giorno parlavo di attrazioni impreviste con un’amica. Ci siamo divertite a ricordare i vecchi tempi quando, libere e belle e giovani, ci si baciava con alcuni, si flirtava con molti, ci si fidanzava con pochi. Poi passa il tempo, si cresce, si mette su famiglia, si matura, ci si ama, qualcuno si lascia, qualcuno resta, qualcuno sceglie qualcuno del suo stesso sesso.
Ieri sera ho cominciato a vedere una serie curiosa, dal titolo Grace e Frankie, interpretato da due magnifiche attrici, Jane Fonda e Lili Tomlin.

Le due donne ormai settantenni, e oltre, hanno appuntamento in un ristorante chic e attendono i rispettivi mariti coetanei e soci in affari. Si chiedono il motivo per cui sono state convocate in quella sede: sospettano entrambe che vogliano dire loro di aver preso la decisione di andare in pensione. Nell’attesa una mangia compulsivamente panini dal cestino mentre l’altra beve un gin tonic con due olive. Gli uomini arrivano, timidi e timorosi, le baciano sulla bocca, si siedono al tavolo senza ordinare. Ma la rivelazione è di ben altra portata: da vent’anni, in silenzio, i due si amano e hanno deciso di lasciarle per vivere gli ultimi anni della loro esistenza insieme, finalmente in libertà di sposarsi, ora che il matrimonio omosessuale è divenuto legale. Le donne perdono il senno, il senso, l’equilibrio. Una fa una scenata pubblica, quella che beve, l’altra ha un violento attacco d’asma. La puntata segue per intero la reazione che, dalla prima botta a caldo, diviene, per forza di cose, accettazione della realtà, rivelazione ai figli, riti propiziatori per superare il trauma coraggiosamente. Le due donne mature finiscono per passare la notte su una spiaggia, drogate di peyote, dove tra visioni di Gesù Cristo e mostri alati, riescono a sbeffeggiare il destino improvvido e a non pensare ai due uomini che, durante gli ultimi vent’anni, hanno praticato sesso orale alle loro spalle. Ironica visione di una possibilità assai praticata nella vita reale attorno a noi.

In tema di amore tra persone dello stesso sesso, una settimana fa ho visto un piccolo film cileno, Rara, opera prima di Pepa San Martin (vincitore del premio miglior film nella sezione Generation Kplus a Berlino 66), che, con realismo mimetico molto verosimile, racconta una storia di ingiustizia sociale: a una coppia di donne viene sottratta la custodia delle due figlie femmine di una delle due, dall’ex marito, geloso e intollerante. Una storia intima, di formazione, tutta filtrata dallo sguardo parziale e confuso di un’adolescente alle prese con le tipiche attrazioni repulsive di quell’età.
La delicatezza del sentimento di amore tra donne, le normali intolleranze tra conviventi (di qualunque sesso siano), la rabbia che porta a compiere azioni violente senza che se ne abbia intenzione sono i motori che muovono la trama.

Tratto da una storia vera, sceneggiato con il giusto dosaggio di parole e silenzi, di detto e non detto, il film emoziona e accende l’empatia di chi lo guarda: come non sentirsi partecipi della voglia di Sara di fare una festa a casa del padre, ordinata alla perfezione dalla nuova moglie (che assume i connotati dell’insostenibile perfezione borghese), pur ferendo la madre che vorrebbe forse trattenerla nel mondo delle feste casalinghe tra di loro, con la brutta torta poco lievitata fatta da Lia, la dolce compagna che ama le due figlie come fossero sue.

È la normalità che risulta preponderante e potente, luogo d’incontro tra quattro donne di età diverse, ritratta nella scena del lettone quando Sara e Catalina finiscono a dormire con le due madri, abbracciandosi reciprocamente fino a formare un quadri-cucchiaio femminile commovente a più non posso. Personalmente penso che questo sia il futuro. E che ci sia ben poco da questionare in merito.

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