C’era una volta un re. No, e nemmeno una principessa o una regina crudele. I protagonisti di questa storia sono due fratelli belli e delicati, si chiamano Marguerite e Julien, e vivono in un grande castello. Inseparabili e teneramente complici nei loro giochi di bimbi si ripetono una sola promessa: «per sempre». Valérie Donzelli nel terzo film francese in concorso ritrova una sceneggiatura scritta da Jean Gruault per Francois Truffaut, e ispirata a una storia «vera», l’amore incestuoso tra fratello e sorella, i Marguerite e Julien del titolo, accaduta nel Seicento in Francia, che Donzelli rilegge in chiave di favola. E del racconto della buona notte il film prende il movimento narrativo e visuale, mescolando teatro delle ombre e suggestioni infantili, paure e fantasmi, cattivi e buoni.

C’è una ragazza (Esther Garrel) che dice le le vicende dei due fratelli a delle bimbe nei loro lettini in attesa di dormire, ciascuno visto che di una storia vera si tratta, ci mette del suo, aggiunge e toglie, riporta una sue versione o i detti e le voci popolari che intorno a questo amore pazzo si sono accumulate nei secoli. L’amor fou è infatti la materia di Donzelli per il quale i due protagonisti – la brava Anais Demoustier vista nel film di Ozon Una nuova amica, e Jéremie Elkaim già in di La guerra è dichiarata della stessa Donzelli – lottano tutta la loro breve esistenza, sfidando le regole dell’epoca, gli obblighi familiari, la repressione e la censura dei sentimenti, che li sorveglia e li separa da cuccioli per prevenire il Male – come predica lo zio cardinale severo. Ma quando si ritrovano il desiderio è più forte, e ogni sguardo è un colpo al cuore, e il matrimonio che la ragazza sembra accettare un incantesimo di gelosia … I due inventano giochi, parole di seduzione, un alfabeto segreto del desiderio …

Omaggi espliciti a Truffaut, un mix di epoche passato e presente un po’ alla Marie Antoinette di Coppola, la pittura di una Bretagna tempestosa e dei boschi fiabeschi di fuga e libertà, quello che manca nella folle ossessione amorosa di Donzelli è proprio la follia che vince ogni paura. Il suo registro fiabesco raffredda l’emozione, e la regista sembra più preoccupata degli artifici, citazioni comprese, che di trovare una forma al desiderio. Quesi suoi personaggi ci appaiono come graziose figurine senza sostanza nè emozione, e il loro amore piatto e senza carnalità.