La Fornarina di Raffaello è al centro del romanzo di Giovanni Montanaro, Guardami negli occhi (Feltrinelli, pp. 142, euro15), o meglio la leggenda che da sempre circonda l’opera, l’ultima del grande artista marchigiano. Lo scrittore indaga la vicenda costruendo una fiction attorno alla presunta storia d’amore tra la giovane fornaia di Trastevere con Raffaello Sanzio, legame che unì i due giovani fino alla morte dell’artista e che viene celebrato proprio dal ritratto della giovane popolana.

SGUARDO NON BANALE ed efficacemente curioso nell’insinuarsi negli aspetti oscuri e leggendari delle biografie, Montanaro affida la vicenda a Margherita, la fornarina. Ciò assume un tocco non postmoderno bensì capace di restituire intensità della relazione e gusto che non scade in un banale kitsch di maniera, cosa assai frequente quando si tende a frequentare il periodo rinascimentale soprattutto da un punto di vista letterario.

LO SCRITTORE veneziano affronta il racconto con incedere piano e lineare in cui Raffaello non è che il fondale di un desiderio femminile che raccontato in prima persona ridefinisce il ruolo di una storia in cui la scelta e lo sguardo appartiene alla giovane fornaia e a nessun altro. Un desiderio certamente amoroso, ma che vive nel riconoscimento come nella consapevolezza del proprio posto nel cuore dell’arista, nella sua vita sociale e artistica.
Margherita, detta Ghita ha i contorni di una donna conscia della propria bellezza, ma anche del proprio ruolo sociale quanto storico. E sarà proprio il ritratto da lei chiesto a Raffaello, come estremo segno d’amore, a dare sostanza ad una relazione osteggiata e abbandonata tra le ambiguità della vita dissoluta dell’artista.

IL RITRATTO DIVIENE allora testimonianza e contenuto estetico più autentico di un amore fedele e assoluto.
Giovanni Montanaro consegna alla vicenda i contorni sfumati della storia senza mai entrare a gamba tesa nelle vicende come nella caratterizzazione dei personaggi, utilizza la fama e la forza di Raffaello solo per illuminare una vicenda in fondo comune evitando così ogni stucchevole banalizzazione.

RESTA tuttavia la curiosità per una forma più approfondita di una vicenda che attrae a sé tra le figure più emblematiche della cultura e del potere del tempo. Ed è proprio la scrittura elegante e puntuale a invitare ad un approfondimento del ruolo politico come emotivo dei personaggi al punto che troppo spesso il fondale rischia di farsi bidimensionale perdendo la necessaria profondità.

Un equilibrio delicato in cui l’autore privilegia una costruzione per certi versi pop e quasi meta-letteraria, ma che sconta la forza iconica di nomi che abbagliano il lettore lasciandolo un po’ costretto ad una storia intima quanto minimale, in certi istanti soccombente di fronte ad una passionalità e ad una potenza artistica che richiederebbe un’azione letteraria più coraggiosa e per certi versi definitiva.

APPREZZABILE il lavoro certosino di scrittura che Giovanni Montanaro compie lontano da facili sirene modaiole, tuttavia – e la sua scrittura lo dimostra anche in opere meno riuscite – l’autore potrebbe azzardare senza nulla temere, restituendo un discorso letterario più rischioso e audace.