Pochi libri sono l’adattamento di altri libri, ma questo è il caso per Negli occhi di Luna, i falò, ultimo libro di Luigi Dal Cin (Rizzoli, pp. 224, euro 16). L’autore ha pubblicato più di cento libri per ragazzi, tradotti in quattordici lingue, e ha vinto il Premio Andersen 2013 per il miglior libro 6/9 anni e il Premio Troisi per i suoi incontri con gli alunni.

QUI HA AFFRONTATO la sfida di adattare alcuni dei temi principali della Luna e i falò in un romanzo sulle tracce di Cesare Pavese – come recita il sottotitolo – adatto ai ragazzi da 10 anni in su. Pavese è un autore che si è occupato come pochi di personaggi adolescenti: dalle poesie di Lavorare stanca (1936) fino a La luna e i falò (1950), tanti sono i protagonisti giovani nei suoi testi.
Ma come avvicinare i lettori giovani di oggi a una figura che è purtroppo poco letta nelle scuole? Poiché molte tematiche pavesiane sono nate dal paesaggio delle Langhe, Dal Cin si è tuffato prima in una full immersion a Santo Stefano Belbo, il paese dove è nato Pavese, respirando le sensazioni con cui ha nutrito i suoi libri, e poi nel libro stesso, emergendone con una ricchissima base di nomi, citazioni e personaggi.

I titoli di tutti i capitoli sono citazioni da La luna e i falò o altri scritti di Pavese; il protagonista è chiamato, qui e in Pavese, col soprannome Anguilla, mentre Luna diventa la co-protagonista; Cinto, bambino in Pavese, è qui anziano; tutto accade a Santo Stefano Belbo e si basa, come nell’originale, sul mistero dei falò. Questi sono per Pavese il simbolo del mondo contadino: bruciano le stoppe secche delle vigne, di notte, secondo l’antica tradizione per cui renderebbero i raccolti più ricchi.

MA AGLI OCCHI dei giovani Anguilla e Luna, che finalmente si rivelano un amore che li ha sempre legati, i falò sono altro. Come sostiene Candido, il fratellino di Luna che per una malattia non può parlare, i falò sono gli sfiati dei draghi che dormono sotto le colline: viste da lontano, sembrano draghi sdraiati. Ma il libro è anche la storia dell’affermazione di sé: grazie all’aiuto della vecchia nonna cieca, presso cui il padre lo confina per superare un’insufficienza in matematica, Anguilla scopre il suo senso nel mondo. Non, come vorrebbe il padre, essere progettista in uno studio in America dove, come l’Anguilla pavesiano, ha vissuto qualche anno; ma raccontare storie ai bambini e ai ragazzi a Santo Stefano, aiutandoli – parlando la loro lingua – a scoprire i misteri del mondo.

Luigi Dal Cin mescola sapientemente, anche spostandoli dal contesto originale, frammenti di Pavese (magnifico personificare Luna) con uno stile brillante, mai piatto, che varia a seconda delle situazioni (bellissime le telefonate tra Anguilla e il padre, in cui emergono le loro incomprensioni).
Negli occhi di Luna, i falò avvicina giovani lettori a un autore fondamentale della nostra letteratura perché, come Anguilla, parla la loro lingua: un compito per nulla non banale.