Caschetto, frangetta, viso tondo e sorridente che sembra uscito da un film di animazione. È Maika Elan, fotografa vietnamita, classe 1986, vincitrice del prestigioso premio World Press Photo 2013, fra i più importanti riconoscimenti del fotogiornalismo, per il progetto The Pink Choice. Dopo gli studi di sociologia ad Hanoi, si è presto dedicata ai reportage per immagini. Per il tema di The Pink Choice, nato quasi per caso, la giovane artista ha deciso di puntare il suo obiettivo sulla comunità gay e lesbica vietnamita per raccontarla in modo nuovo. Con naturalezza e semplicità, cogliendo le coppie nel loro quotidiano, nell’intimità delle loro case e nei gesti affettuosi e privati oltre che nell’ordinaria routine fatta di riposo, tenerezza e abitudini domestiche. Un ritratto ravvicinato che ci restituisce il calore di chi vive serenamente, e con gioia, il suo amore.

Per la prima volta in Italia, Maika Elan espone (fino a domani) trentadue scatti a colori allo IED (Istituto europeo di design) di Firenze in occasione dell’undicesima edizione del Florence Queer Festival. «Ho voluto fare qualcosa di diverso – spiega l’artista – In Vietnam le immagini sulle tematiche Lgbt sono nascoste, i film a tematica omosessuale sono buffi, i personaggi devono divertire. Oppure sono molto drammatici. Gli stessi modelli sono anche sulla stampa, non ci sono mai buone notizie. Non è abbastanza. Mi sembrava perciò importante lavorare da un altro punto di vista».
Il progetto è nato in Cambogia nel 2010 mentre la Elan frequentava un workshop fotografico. «Non avevo idee su cosa produrre – racconta – Avevo in mente solo alcuni spunti. Ho fatto una ricerca in rete e sono incappata nel sito ’pink choice’, una guida turistica rivolta alle persone Lgbt. Sono segnalati hotel per gay o lesbiche, i posti da frequentare e quelli da evitare. L’ho trovato interessante, e inoltre la Cambogia è vicina al Vietnam e le nostre culture sono molto simili. Mi sono stupita di questa apertura. Nel centro città in Cambogia molti luoghi sono gay friendly. Ho scattato foto di alcune coppie in quegli hotel e ho pensato di chiamare così il progetto. Non mi ero mai interessata a questi temi, ma al ritorno in Vietnam ho visto alcune mostre. In tutte le immagini i protagonisti indossavano delle maschere, nascondevano i loro volti».

È questo che ha convinto Maika Elan a continuare la sua indagine. Racconta: «Quando ho realizzato delle foto sulla vita intima e privata delle coppie erano tutti un po’ spaventati. Mi sono chiesta come mai molte persone che si dichiarano aperte sono così scosse quando vedono ritratti sulla vita affettiva omosessuale colta nel quotidiano».

Il premio al suo foto-documentario, il primo dopo l’indipendenza del paese, e i riconoscimenti a fotogiornalisti per il lavoro svolto durante la guerra, ha dato all’artista più fiducia nel suo stile. «Mi ha resa felice perché mi ha dimostrato di essere sulla strada giusta».

La situazione in Vietnam non è difficile come in altri paesi, spiega Elan. «Non è così aperto, ma non c’è una religione dominante e punitiva in merito. Come invece accade per hindu e musulmani, nei cui paesi in quanto omosessuale si può rischiare la vita. Da noi si può non essere accettati, ma non si è in pericolo. Di recente nel paese è cambiato qualcosa. Il matrimonio gay non è tuttora accettato, ma prima la polizia poteva irrompere e mettere in carcere le coppie ora invece questo non può più accadere. Non è un grande cambiamento, ma è un inizio».

L’approccio dell’artista è stato molto delicato: prima di fotografare una coppia ha stretto un’amicizia, ci sono stati molti incontri conviviali. «Sono andata a casa loro varie volte senza fotografare, poi quando ho capito di averli studiati bene e loro si sentivano più naturali e in confidenza ho concordato di ritrarli. Mi hanno mostrato il loro amore e questo è stato molto speciale. A volte per loro non erano giorni facili, ma ho visto solo cose belle, ed era quello che volevano mostrarmi. Incontrare coppie gay è stato più facile, mentre le relazione fra donne sono ancora più complicate da accettare, spesso la loro è considerata una forma di sorellanza. Ecco perché gli uomini si sono mostrati con più disinvoltura, mentre alcune donne non hanno voluto visibilità. È una delle ragioni per cui il progetto è sbilanciato, con più coppie gay rispetto a quelle lesbiche. Mi sono focalizzata solo su gay e lesbiche perché in Vietnam ancora molti non sanno bene la differenza fra omosessuale e transessuale. Molte famiglie hanno paura che un figlio gay voglia diventare donna, per questo ho preferito non creare ulteriore confusione. Il mio è stato un primo passo nell’affrontare questa ampia tematica. The Pink Choice è un progetto che ritengo esaurito. Ho raccontato quello che volevo».