Iniziamo dalla «storia» che le fotografie finali d’epoca – bianco e nero non instagram – ci dicono essere «vera», l’amore che unì Ruth Williams, impiegata del governo britannico e Seretse Khama futuro erede al trono del regno del Bechuana, protettorato inglese che diverrà proprio grazie a lui, la Repubblica del Botswana. Diciamo che la vera Ruth, spigolosa e un po’ «maschile», ha l’aria più interessante della biondissima e caramellosa Rosamund Pike – il cui incarnato porcellana risulta immune alle bruciature anche sotto al soloe d’Africa – protagonista insieme a David Oyelowo del film di Amma Asante, londinese di famiglia ghanese, autrice di Belle (La ragazza del dipinto).

L’«United Kingdom» (Regno unito) del titolo – gioco di parole con quello britannico – è questo amore che sfida le convenzioni del tempo (siamo nel 1947), più che la classe il razzismo britannico – «vietato l’ingesso ai neri, agli irlandesi e ai cani» – e le politiche di apartheid che stanno affermandosi in Sudafrica per il regno unito e il suo governo, sia laburista che conservatore, prezioso alleato economico a cui sacrificare il confinante Bechuana specie dopo che le imprese minerarie americane vi hanno scoperto i diamanti. Una ragione ottima anche per utilizzare strumentalmente, come nel resto del continente africano dissapori – in questo caso familiari – e divisioni con cui scatenare una guerra. E lì invece la convivenza appare tranquilla ma certo i neri segregati come in Europa o negli States, le tasse che gli inglesi risucchiano senza dare nulla in cambio, ospedali che non esistono, miseria, sopraffazione: è pace questa?

Asante aveva tra le mani un potenziale narrativo fortissimo anche perché la lotta del sovrano e della moglie produce un effettivo smacco per il governo britannico – il Botswana diventerà indipendente nel 1966 grazie a Seretse – che nel privato di una coppia concentrava colonialismo, tradizione, anch’essa manipolabile secondo interessi di altri, razzismo osservato da entrambe le parti – e questo è uno dei motivi interessanti del film (la donna viene rifiutata anche dalla . tribù di Seretse che non vuole una regina bianca).

Invece si concentra sull’amore, motore della lotta che spinge i due coniugi divisi a resistere, e procede con profusione di musichette, crescendo che sottolineano i passaggi epici, grandi discorsi retorici. L’idea (o l’ambizione) è senza dubbio quella di un prodotto per il grande pubblico, popolare (tipo: commuove e fa riflettere) con cui far passare la Storia ma in modo non troppo disturbante. E anche qui c’è un malinteso perché ingabbiare la vicenda in immagini piatte, senza mai un guizzo, un punto di vista che non sia quello deciso dalla sceneggiatura, e sempre nei limiti del corretto accettabile è davvero sinonimo di «popolare»? Ed è un peccato perché i momenti in cui i film funziona sono proprio quando la storia dei due assorbe le contraddizioni del tempo ma la rigidità convenzionale che ne guida i movimenti fa sì che tutto, attori compresi, si banalizzi in una forma da compendio più che scolastico.