Una maggioranza su un provvedimento di amnistia e indulto c’è, ed è una maggioranza contraria. La proposta di due ministri del governo, la Guardasigilli Cancellieri e il titolare della difesa Mauro riceve molte più critiche che consensi. Critiche soprattutto dal partito democratico. E Silvio Berlusconi, che avrebbe potuto guadagnare la cancellazione del reato tributario in ragione del quale dovrà prima o poi lasciare il parlamento, ne approfitta per rovesciare ancora una volta sugli avversari-alleati la responsabilità di una, minacciata ma ancora tutta da verificare, crisi di governo.

Oggi a villa San martino ad Arcore, dove il cavaliere conduce da giorni una sorta di pre-detenzione domiciliare, è atteso tutto lo stato maggiore del Pdl. La discussione non mancherà, dopo che nell’ultima settimana la fazione governativa del centrodestra e la fazione che tifa per la crisi si sono scambiate prima critiche poi insulti. Il Cavaliere viene dato sempre più vicino ai «falchi». Anche se nelle sue uniche dichiarazioni ufficiali, quelle rilasciate al settimanale ciellino Tempi, ha continuato ad avanzare le sue richieste e ha sostenuto che una soluzione per evitare la sua decadenza dal parlamento è possibile «secondo buonsenso e Costituzione». Un appello al presidente della Repubblica nel quale evidentemente Berlusconi spera ancora, posto che nella stessa intervista ha dato almeno altri «50 giorni» di vita al governo Letta.

Ieri il ministro Mauro ha rilanciato l’idea dell’amnistia. Con una differenza rispetto alla ministra Cancelliere, che ha sempre messo avanti le ragioni della giustizia: e cioè la condizione «ripugnante» delle carceri sovraffollate per la quale il nostro paese deve comunque intervenire entro il prossimo mese di maggio perché lo impone la Corte europea dei diritti dell’uomo. Al contrario Mauro, ex berlusconiano ora con Scelta civica, ha sostenuto che «occorre ripristinare il senso dello stare insieme, che non è nelle corde naturali del centrodestra e del centrosinistra, ma è qualcosa cui siamo obbligati». Ragioni, dunque, tutte politiche e di «pacificazione» alle quali il Pd non può che rispondere no. «Finitela con i continui ripescaggi dell’idea di amnistia per salvare Berlusconi – ha detto il responsabile organizzazione dei democratici Zoggia – sta diventando una storia indecente».

Al contrario nel Pdl Frattini e poi Bondi e Matteoli hanno immediatamente colto l’occasione. «Su questo terreno non si può procedere secondo schematismi ideologici, ma deve prevalere il senso di umanità», ha detto Cicchitto. Per il centrodestra c’è un problema in più: gli alleati naturali di Lega e Fratelli d’Italia sono contrari. Per varare un provvedimento di amnistia e indulto, che dovrebbe comunque essere molto ampio per comprendere anche Berlusconi, servirebbe la maggioranza dei due terzi sia alla camera che al senato. E nel Pd, al di fuori dei casi segnalati in queste stesse pagine, è un coro di no. Con l’evidente preoccupazione di non lasciare troppo spazio alle intemerate di Grillo. Anche da Sinistra ecologia e libertà arriva un giudizio contrario. «Visto il clima in cui viene avanzata, non solo riteniamo che è impossibile approvare l’amnistia ma anche solo proporla», dice il capogruppo alla camera Migliore. Che anzi invita i ministri Cancellieri e Mauro «a precisare la loro posizione perché gli italiani sono stanchi di queste furberie e non sono disposti ad accettarle».

L’ostacolo Berlusconi è ancora troppo grosso sulla strada di un provvedimento che in molti considerano necessario. E allora è su altri viottoli che si avviano Berlusconi e il Pdl. Partendo da un decisivo allungamento dei tempi in giunta per le elezioni al senato. Si comincia il 9 settembre, ma tra audizioni ed eccezioni non sarà breve.