Nella prima sala al piano terra del Musée d’Angoulême, cittadina nella regione Nouvelle Aquitaine nel centro-est in Francia, da metà dicembre 2019 è esposto un osso enorme: due metri e venti di lunghezza e circa trentacinque/quaranta centimetri di diametro. Il pubblico è invitato a toccarlo, essendo stato ricoperto con una patina speciale affinché si mantenga nel tempo. La superficie appare lucida e piacevole al tatto. Ma cosa stiamo toccando? Il femore di un dinosauro gigante vissuto circa 140 milioni di anni fa! Trovato nel luglio 2019 nel sito paleontologico scoperto una decina di anni fa per puro caso, dal quale nell’arco degli anni sono emersi un sacco di reperti, tra cui denti di coccodrillo, frammenti di carapaci di tartarughe, vertebre di dinosauro, ma anche fossili di piante, alberi, persino un tronco alto dieci metri… Giace un mondo scomparso sotto le terre nella campagna vicina: il sito si trova nella località di Angeac, a pochi chilometri dalla capitale internazionale del fumetto con tanto di festival internazionale. Citiamo questa caratteristica di Angoulême perché non si è fatta tardare l’apparizione di caschi per visioni 3D che una volta indossati fanno intravedere il fantastico mondo di un lontano passato.

Davanti ai nostri occhi appare l’ambiente com’era stato nel periodo preistorico a cavallo tra il giurassico e il cretacico: ai tempi qui era tutta laguna, popolata da animali acquatici e terrestri – come pesci, tartarughe, coccodrilli e vari tipi di dinosauri – e da un’altrettanta ricca flora con piante acquatiche e terrestri. Il meraviglioso mondo animato, in cui un enorme sauropode alza la testa per poi abbassarla avvicinandosi a noi e un intrigante ornithomimosaure – un dinosauro struzzo dotato di piume – saltella da un lato all’altro prima di fare versi strani nella nostra direzione, è stato creato dalla casa di produzione 3D Nayade di Yannick Violin.

Il pregio di questo piccolo museo di provincia è di avere una bella collezione di reperti preistorici accanto a una ricca collezione di oggetti del mondo africano, dove la presenza di disegni animati in 2D (oltre alla già citata in 3D) animano la visita e fanno convivere passato, presente e futuro. Invogliando per altro sempre più persone a interessarsi alle proprie radici, basti ricordare che nelle due settimane tra Natale e la Befana al banco di entrata sono stati staccati oltre cinquemila biglietti.

Incontriamo il conservatore del museo, Jean-François Tournepiche, per farci raccontare la storia della scoperta del mondo preistorico: «Da alcuni decenni il museo si è concentrato sulla paleontologia e la preistoria cercandone le tracce nella zona della Charente, il fiume che attraversa questa zona fino al vicino Oceano Atlantico, ricca di ritrovamenti del mesozoico fino al periodo medievale. Il mio focus erano gli animali del quaternario, cioè mammuth, leoni, iene e cavalli preistorici, questi ultimi contemporanei all’uomo preistorico. Sapevo che il fiume aveva accumulato parecchio materiale sabbioso nel corso di centomila anni fa per cui speravo di trovare tracce di animali vissuti in quel periodo, in particolare elefanti preistorici. Presi contatto con una cava di sabbia per scavarvi e trovammo effettivamente zanne enormi, ben conservate, ora esposte al museo. Qualche anno dopo nella stessa cava sono stati trovati altri grandi ossi e ci hanno subito chiamato. Sono andato a vedere ma non erano di elefanti bensì si sono rivelati essere di un enorme dinosauro, il cosiddetto sauropode. Eravamo non poco stupiti! Che cosa ci faceva un osso di dinosauro nelle sabbie? Facemmo prove geologiche e scoprimmo che sotto lo strato sabbioso c’era uno strato argilloso grigio-nero che, una volta analizzato, risultava essere di 140 milioni di anni fa! Quel giorno si era scavato più in profondità.

Partì un nuovo progetto, quindi?
In agosto e settembre 2010 si era proceduto al primo scavo, non facile, perché nella vallata c’è ampia presenza di acqua e per arrivare al fondo bisognava attivare una pompa per far defluire le acque che emersero continuamente. Un enorme lavoro tecnico da farsi tutti gli anni. Ma ecco che apparve il primo grande osso, un femore, il cui gemello era poi emerso l’estate scorsa. Sono soltanto gli apici di tanti altri ritrovamenti, quattrocento fossili unicamente quel primo anno!

Chi dirige gli scavi e come sono organizzati?
Il museo organizza l’équipe che nei mesi estivi estrae frammenti di ogni tipo, essendoci stata una ricca vita tra flora e fauna. Stiamo parlando del periodo in cui le placche terrestri erano ancora parzialmente unite o divise in altro modo. (vedi la cartina a fianco, nda) Il sito di Angeac è considerato ormai il più importante in Europa essendosi qui fossilizzato un vero e proprio ecosistema. Abbiamo trovato foglie e frutti, persino grani fossilizzati, cinquanta specie diverse di vertebrati, tra cui diversi tipi di pesci, anfibi, rettili, cinque specie di coccodrilli e di tartarughe, dieci specie di dinosauri; in tutto circa mille tipologie di animali diversi. Una complessa biodiversità. Abbiamo radunato venti scienziati di università e musei di tutta la Francia, tra biologi, geologi, ecc. ai fini di ricostruire il mondo disperso.

Sono rimasta sorpresa di poter toccare l’osso del dinosauro ritrovato…
Il nostro compito come museo è presentare i reperti al pubblico e lo facciamo sotto forma di mostre, applicazioni delle nuove tecnologie e opere scritte. Per tutto c’è una stretta collaborazione tra scienza e divulgazione, così la sceneggiatura del breve filmato in 3D è stata scritta con l’aiuto degli scienziati che hanno immesso tutti i risultati delle analisi. Il dinosauro a forma di struzzo era realmente esistito, l’unico elemento di fantasia sono i colori delle piume, il resto è scienza. Non siamo in un film di fantasia come Jurassic Park, dove tutto è inventato a favore dell’horror che ne è ingrediente. Ai tempi dei dinosauri non c’erano le carneficine di cui parla quel film, anzi, c’era un ambiente in equilibrio proprio come dimostrato nell’animazione. Certo, i carnivori mangiarono gli erbivori, come oggi nelle savane, ma i leoni non rincorrono certo pantere e ghepardi per divorarli tutti… Volevamo fare qualcosa di verosimile e di valore scientifico con quel pizzico di divertimento, senza alcun cliché. Anche per avvicinare un ampio pubblico al mondo della scienza.

Come si è datato l’osso del dinosauro? Col metodo del radiocarbonio?
No, con l’anatomia. Ogni osso ha determinate caratteristiche che lo differenziano da altri, uno scheletro di cavallo non può essere preso per uno di leone. Passiamo alla datazione. Il metodo del carbone 14 è inutilizzabile perché circoscrive un periodo entro 50mila anni fa, se siamo oltre si è già trasformato in carbonio normale. Ci sono due modi, detti relativi perché si riferiscono a dati noti. In primo luogo si guarda in quale strato si erano trovati i fossili: qui abbiamo strati del giurassico e del cretacico, i dinosauri si trovano in mezzo. Ora sappiamo che questo strato nel mezzo era durato circa 40milioni di anni, dunque sappiamo che siamo tra i cento e i 145 milioni di anni fa. Una volta determinato il periodo, l’attenzione passa a fauna e flora, guardando le specie presenti e la loro evoluzione: un dinosauro che ha vissuto 140 milioni di anni fa non assomiglia a quelli di 110 milioni di anni fa. Analizzando i fossili trovati nel sito, abbiamo constatato che siamo nella zona dei 140 milioni di anni. Si dice «relativo» anche perché non abbiamo un anno preciso, ma – detto tra noi – cosa importa? Per rapporto ad altri ritrovamenti in giro per il mondo, sappiamo se i nostri sono più recenti o più antichi. Ad esempio: sono più evoluti rispetto al giurassico emerso in Spagna (a Teruel, una zona desertica a est di Madrid, nda). Altri siti di dinosauri dello stesso periodo ci sono in Gran Bretagna, sull’Isola di Wright, in America del Nord, in Cina e in Nigeria, siti con cui abbiamo contatti per fare i confronti scientifici. Così può partire la riflessione sull’evoluzione di fauna e flora in una regione dell’Europa occidentale.

Come si finanzia l’intero progetto?
Non abbiamo nessun contributo dello stato non essendo la paleontologia regolata da nessuna legge sulla cultura. Appena ci sono reperti di tipo archeologico si possono chiedere, ma per un progetto paleontologico di simile importanza internazionale no! Va detto subito che non c’è nemmeno la protezione dei reperti, per cui il proprietario della cava, in cui si trova il nostro sito, è al contempo proprietario di tutti i fossili. Ne potrebbe fare ciò che vuole, distruggerli o venderli a chiunque. Noi siamo fortunati, avendo trovato nei fratelli Audouin dei veri appassionati: non solo ci danno il permesso di scavare e ci aiutano con i macchinari, ma fanno dono di tutti i fossili e hanno persino comprato altri vigneti accanto dove sappiamo esserci molto altro. Il tutto regalato al museo di Angoulême, quando si sa che quattro ettari nella zona dei vigneti del Cognac non sono una quisquiglia, dove i costi per un ettaro si aggirano attorno ai 60/70mila euro. Ora gli scavi perdureranno fino al 2049, e abbiamo un largo giro di sostenitori tra privati, collettività locale, comune e regione. Questo ci rassicura perché non dipendiamo da un unico finanziatore e ci protegge da ambizioni politiche varie. Il cuore del nostro progetto è costituito da professionisti e amatori, e questo asse cui si aggiungono anche gli studenti muove un intero mondo scientifico.