La bandiera della lotta alla corruzione, sventolata con tanto vigore da Bolsonaro in campagna elettorale, è stata ammainata in tempo record. Se già la presenza di un consistente numero di ministri indagati era bastata a strappare al governo la maschera dell’onestà, lo scandalo che ha travolto la stessa famiglia Bolsonaro assume di giorno in giorno contorni sempre più gravi.

LA VICENDA RIGUARDA le transazioni sospette riscontrate sul conto dell’ex autista di Flávio Bolsonaro (nonché amico di tutta la famiglia presidenziale) Fabrício Queiroz – per un totale di 1,28 milioni di reais (circa 300 mila euro) tra il 2017 e il 2018 incompatibili con le sue modeste entrate – tra cui un versamento di 24mila reais a favore della moglie del presidente. Il quale si è giustificato sostenendo che si trattasse del pagamento di un prestito concesso all’amico, ammettendo di aver sbagliato a non registrarlo nella dichiarazione dei redditi e di essere disposto a riparare all’errore. Ma lo scandalo si è ulteriormente aggravato con la rivelazione da parte della Rede Globo della scoperta, sul conto del figlio Flávio, di ben 48 depositi sospetti per un totale di 96mila reais tra giugno e luglio del 2017.

UN CASO CHE LA MAGISTRATURA – la cui selettività nell’applicazione della giustizia ha ormai raggiunto il grottesco – ce l’aveva messa tutta per insabbiare, permettendo a Queiroz di posticipare – a data da destinarsi – la sua deposizione, a causa di motivi di salute, che tuttavia non gli avevano impedito di farsi fotografare nell’atto di ballare il samba nel costosissimo ospedale Albert Einstein.

[do action=”citazione”]«Se Queiroz fosse stato del Pt – è stata la domanda che è circolata sulle reti sociali -, se non fosse mai andato a deporre, e poi fosse apparso in video in un ballo scatenato, cosa avrebbero fatto il potere giudiziario, il pubblico ministero e Sérgio Moro?».[/do]

MA È STATO IL GIUDICE del Supremo Tribunale Federale Luiz Fux, uno dei più accaniti avversari di Lula, ad attirarsi le critiche più aspre, sospendendo, su richiesta proprio del figlio del presidente, le indagini sulle transazioni sospette di Queiroz, con la motivazione che il pubblico ministero di Rio de Janeiro avrebbe richiesto al Coaf (l’organismo di controllo delle attività finanziarie) informazioni sui dati bancari protetti del figlio di Bolsonaro anche dopo la sua elezione a senatore. Una carica che, secondo Fux, gli garantirebbe il foro privilegiato presso la Corte Suprema (un iter giudiziario speciale, aborrito da Moro, concesso ad alcune cariche politiche), malgrado l’oggetto dell’indagine non sia relazionato alla sua attività parlamentare, che oltretutto inizierà solo l’1 febbraio.

CHIEDENDO CHE LA COMPETENZA dell’indagine sia trasferita al Stf, dove evidentemente è certo di trovare protezione, e che tutte le prove finora raccolte siano dichiarate nulle, Flávio Bolsonaro ha tuttavia commesso – è l’opinione comune – un gravissimo passo falso. Non solo perché, non essendo neppure formalmente indagato, la sua richiesta è suonata come un’ammissione di colpa, ma anche perché il giudice chiamato a decidere sulla sua richiesta è proprio quel Marco Aurélio Mello che prima di Natale aveva autorizzato la scarcerazione di Lula e che si presume non sia disposto a prestarsi al gioco del figlio del presidente.