Cade il velo sugli intrecci che per anni hanno controllato la vita sociale, economica e politica di Lamezia Terme. Con l’operazione Perseo in manette sono finite 65 persone: affiliati al clan Giampà, ma anche politici, avvocati, medici e imprenditori. Sono stati anche eseguiti provvedimenti di sequestro preventivo per alcuni beni immobili risultati essere frutto di impiego di capitali illeciti. Gli inquirenti hanno ricostruito tutte le attività illecite della cosca, dalla truffa all’omicidio, passando per i reati contro il patrimonio, dai reati in violazione della normativa sugli stupefacenti e le armi, allo scambio elettorale politico-mafioso, al reimpiego di capitali sporchi. In particolare, sono stati ricostruiti sei omicidi e 40 vicende estorsive (tra cui tutta una serie di estorsioni “mute” ai danni di negozianti).

Dalle carte dell’inchiesta emerge un quadro di controllo totale del territorio, tanto che il clan Giampà era stato individuato come potenziale destinatario di una forma di «riconoscimento» in ambito regionale. A confermarlo è lo stesso boss, ora collaboratore di giustizia, Giuseppe Giampà: «Ho appreso che vi è stata anche una modifica negli assetti organizzativi della ‘ndrangheta regionale in quanto mentre in passato Reggio rappresentava per cosi dire la cosca madre di tutta la ‘ndrangheta, attualmente è stata creata una provincia distaccata a Cutro in cui la figura principale è rappresentata da Grande Aracri Nicolino, detto “mani e gumma”; ho anche appreso in quel periodo che la cosca di Grande Aracri aveva intenzione di aprire un locale di ‘ndrangheta a Lamezia, con il benestare di mio zio Pasquale Giampà detto Millelire e di Aldo Notarianni, ragione per cui attualmente si può affermare che il clan Giampà fa riferimento al locale di Cutro».

Una rete di relazioni illecite intessuta dapprima con imprenditori e commercianti e poi con professionisti e politici, che, secondo gli inquirenti, venivano a mano a mano sempre più irretiti (paralizzando quindi sul nascere ogni velleità eventuale di denuncia), sino a giungere a un livello di compromissione che non consentiva loro di divincolarsi. E poi ci sono i politici. In manette per concorso esterno in associazione mafiosa è finito Gianpaolo Bevilacqua, consigliere provinciale del Pdl e rappresentante della Provincia nella Sacal, l’ente che controlla l’aeroporto lametino, crocevia di interessi e giochi di potere. Alla Sacal, aveva gestito (con metodi contestati dai sindacati e dal comune di Lamezia) la transizione dopo l’addio dell’ex presidente, il senatore Vincenzo Speziali (Pdl). Proprio in virtù del suo curriculum e dei suoi addentellati nei palazzi, Bevilacqua era considerato un nome spendibile dai Giampà. Ma il pezzo grosso finito nei guai con l’accusa di corruzione elettorale è il senatore catanzarese del Pdl, Piero Aiello.

Secondo le ipotesi degli inquirenti, il parlamentare avrebbe «inquinato» il voto delle Regionali del 2010, la tornata elettorale che si concluse con la vittoria schiacciante della destra di Peppe Scopelliti e di cui Aiello è stato potente assessore prima di catapultarsi in Senato per godere dell’immunità parlamentare. In particolare, Aiello avrebbe stretto contatti con i Giampà, «al fine di procurare alle loro ditte l’aggiudicazione di appalti per forniture e servizi all’interno di strutture pubbliche».