Il senatore badava al sodo. Nella sua frenetica caccia al voto non si faceva problemi. E il boss lo incontrava nel centro cittadino, nelle sfarzose stanze dello studio dell’avvocato. Piero Aiello, il neoparlamentare del Pdl indagato per voto di scambio con l’aggravante mafiosa nell’operazione Perseo contro il quale la Dda di Catanzaro aveva chiesto l’arresto (respinto dal Gip), frequentava con assiduità i mammasantissima dei Giampà, potente cosca di Lamezia. Gli incontri avvenivano negli uffici dell’avvocato Pasquale Scaramuzzino, detto Chicco. Ad ammetterlo è il boss pentito Giuseppe Giampà. «Scaramuzzino ci ha presentato a lui come suoi amici che potevano aiutarlo in campagna elettorale». Aiello cercava più voti possibili nella zona di Lamezia alla vigilia delle Regionali del 2010, «e il nostro impegno sarebbe stato contraccambiato con aiuti da parte del politico nelle attività che noi gestivamo all’epoca nell’ambito della grande distribuzione, della posta privata e nell’informatica. Scaramuzzino ci disse che Aiello dovevamo farlo vincere perché poi si sarebbe messo a disposizione per l’aggiudicazione di appalti pubblici. Ci ha consegnato i suoi santini elettorali e ci siamo salutati allontanandoci dallo studio».
Aiello alle Regionali ottenne una valanga di voti che lo catapultarono dapprima in consiglio regionale, poi nella Giunta guidata da Peppe Scopelliti come assessore al Bilancio, e infine sei mesi fa direttamente a Palazzo Madama. Gli inquirenti ritengono che il successone di Aiello fu dovuto in larga misura all’appoggio del clan. I Giampà, egemoni nel territorio di Lamezia, su cui secondo la procura esercitano «un giogo opprimente, frutto di un indeterminato programma delinquenziale». Nonostante i provvedimenti giudiziari che hanno colpito la cosca, sottoponendo a misura custodiale esponenti di vertice come Francesco Giampà detto “il professore”, Pasquale Giampà detto “mille lire”, Ciccio Giampà detto “Gei Ar”.
I tentacoli della criminalità avvolgevano tutta la città di Lamezia, a cominciare dall’aeroporto, uno degli scali più importanti d’Italia, il terzo nel Mezzogiorno per movimentazione di passeggeri. Il consigliere provinciale del Pdl ed ex vicepresidente della Sacal (la società che gestisce l’hub lametino), Gianpaolo Bevilacqua, sarebbe stato una pedina fondamentale per gli interessi dei Giampà. Nell’ordinanza che ha portato al suo arresto, nell’ambito della stessa inchiesta che ha coinvolto il senatore Aiello, la Dda di Catanzaro scrive che Bevilacqua si è prestato a essere «il tramite con il mondo imprenditoriale catanzarese, ad essere cioè un insostituibile intermediario che, mettendo al servizio della cosca le sue qualificate conoscenze, ha operato in concreto al fine di instaurare un preciso canale di collegamento fra l’impresa innegabilmente mafiosa di Giuseppe Giampà e il settore della grande distruzione di prodotti alimentari». Per ricostruire il ruolo avuto dall’esponente del Pdl gli inquirenti hanno potuto contare su intercettazioni telefoniche piuttosto chiare. Queste conversazioni dimostrano come Bevilacqua abbia utilizzato il suo rapporto personale con Floriano Noto, titolare dei supermercati a marchio Sidis, per consentire alla ditta Gt Distribuzioni di Giuseppe Giampà di entrare a fare parte del gruppo dei fornitori della catena e quindi di inserirsi a pieno titolo nel circuito imprenditoriale. Scrive il gip: «Non ha esitato a spendere ancora una volta la propria persona, a mettere al servizio della cosca le proprie personali conoscenze creando dunque, in tal modo, un pericoloso ponte di collegamento fra la mafia e un importante settore della società civile ed esponendo così il medesimo a un concreto ed effettivo rischio di infiltrazione ed inquinamento». A chiedere l’intervento del politico amico è Emiliano Fozza, uomo di fiducia e tuttofare di Giampà. Per conto del boss si occupa del traffico di sostanze stupefacenti, delle estorsioni, ma è specializzato nel settore commerciale. Secondo gli inquirenti impone «forniture di prodotti alimentari ai vari esercizi commerciali del lametino, in luogo di quelle tradizionalmente acquistate in precedenza, di qualità inferiore e a prezzi non competitivi». È proprio Fozza a contattare Bevilacqua per chiedere un suo intervento per un incontro con il direttore della catena. Il politico si mette a disposizione e fornisce il numero di telefono della segretaria dell’azienda. Poco dopo quindi l’emissario del clan telefona e si presenta: «Chiamo per quanto riguarda Gianpaolo Bevilacqua». In pochi giorni Fozza ottiene un appuntamento con il direttore amministrativo della società. Informato dell’imminente incontro, l’esponente del Pdl si premura di rassicurare l’interlocutore: «Va bene se poi faccio chiamare a Floriano (Noto, ndr) direttamente… va bene?». L’incontro sembra aver dato i frutti sperati. La cimice posizionata nella macchina di Fozza capta una conversazione tra l’indagato e un’altra persona non identificata, pure interessata a inserire prodotti alimentari nella catena di supermercati. Nel colloquio l’emissario dei Giampà racconta di «essere riuscito a piazzare alcuni marchi di cui aveva la rappresentanza, per un fatturato non inferiore a 400 mila euro, parlando – sostengono gli inquirenti – direttamente con l’imprenditore Noto della Sidis». Ma soprattutto Fozza spiega il ruolo centrale avuto da Bevilacqua e, quindi, consiglia al suo interlocutore di rivolgersi all’ex consigliere provinciale. «Lo conosci tu all’assessore Bevilacqua? A lui ti devi rivolgere… Bevilacqua Giampaolo e ti fai fare il favore … Lui con Floriano sono “cazzo” e cucchiara». E ancora insiste: «Lo devi fare tramite questo … lo sai perché? Perché si scambiano favori … lo sai come funziona … Questo è nella Regione, tu lo sai … no? Nella Regione ci sono i soldi, allora si scambiano i favori … hai capito? Allora … una volta Floriano gli cerca un favore a lui … hai capito come fanno?». Bevilacqua contemporaneamente esercitava un potere assoluto all’interno della Sacal, approfittando delle dimissioni del presidente della società il senatore del Pdl, Vincenzo Speziali.
A fini cautelari tutti gli atti di Sacal firmati dall’ex vicepresidente Bevilacqua sono stati annullati e lui è stato estromesso dal Cda. Mentre il Pd e Sel auspicano l’azzeramento dell’intero vertice di Sacal, il sindaco di Lamezia, Gianni Speranza (Sel) chiede che venga fatta chiarezza fino in fondo sull’attività della società aeroportuale. Dove a prendere il volo erano opachi scambi di favori intrecciati a interessi di malaffare.