Gli agenti della mobile di Reggio e dell’Fbi per oltre due anni hanno intercettato e filmato Gregorio Gigliotti e i suoi “agenti” in Centro America che gestivano una struttura logistica di copertura, dedita all’export ed import di frutta e derrate, ma che in realtà serviva loro a spedire in tutto il continente la polvere bianca. Come dimostrano i filmati la cocaina era nascosta nelle scatole contenenti banane ed altra frutta esotica che venivano poi caricate sui tir e mandate prima negli Stati Uniti, poi, da lì, in Europa.

E’, dunque, sbarcata a New York, tra i grattacieli di Manhattan, tra i ristoranti e le pizzerie. È la “Cosa nuova” che piace alle famiglie blasonate della vecchia “onorata società”. Un matrimonio di interessi ha suggellato l’arrivo a New York dei Violi e degli Alvaro di Sinopoli, dei Berlingieri di Catanzaro, più altri esponenti delle cosche di Vibo e Crotone. Tra mafia italo-americana e ‘ndrangheta ormai è coca-connection. Gli affari sono affari, i soldi non puzzano. Tutto vero. Ma con questa operazione congiunta Fbi-Sco-mobile di Reggio, si chiude davvero un’epoca. Altro che i “cugini calabresi”. Quando nella metà dei Novanta si trattava di far nascere il porto di Gioia, le ’ndrine della Piana mandarono un loro emissario alla impresa leader nella movimentazione dei container, per dire: “Abbiamo il passato, il presente e il futuro”. Fecero fortuna a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, con i sequestri di persona. Investirono in immobili e conquistarono appalti. Anche se arcaici e crudeli, la loro forza è sempre stata nella capacità di seguire i cambiamenti, di possedere tanta liquidità, di inabissarsi, di dichiarare guerra allo Stato. 

La coca-connection, smantellata dall’operazione Columbus messa a segno ieri con 15 arresti aveva la sua base nel ristorante “Cucino a modo mio” nel Queens. Dove tra gli altri faceva la spola Franco Fazio, presunto narcotrafficante nonché candidato nella lista del Cdu, che sostiene il candidato sindaco del centrodestra, Paolo Mascaro (FI), alle imminenti comunali di Lamezia. Secondo gli inquirenti, l’aspirante consigliere sarebbe stato l’uomo di fiducia di Gigliotti. Seguendo Fazio, gli inquirenti hanno ricostruito una lunga serie di contatti con i principali clan calabresi. Il candidato consigliere sarebbe cioè un broker di punta del traffico internazionale di droga. Gli investigatori sono convinti che Fazio sia il vero braccio destro di Gigliotti. Al punto di lasciargli l’onere di gestire le trattative più delicate con i narcos in Costa Rica. Sfruttando i contatti costaricensi, sempre per gli investigatori Fazio progettava di mettersi in proprio. Per questo avrebbe concepito un sistema di copertura analogo a quello utilizzato negli Stati Uniti dalla famiglia Gigliotti per importare direttamente in Calabria grosse partite di stupefacente, occultate all’interno di confezioni di frutta e tuberi tropicali. Un business milionario che faceva gola ai principali cartelli calabresi.

L’inchiesta ha evidenziato che Gigliotti sarebbe stato in contatto fin dal 2008 con i Genovese, una delle cinque storiche famiglie mafiose di New York. Gigliotti, incensurato, sarebbe stato  in realtà “il principale artefice” del traffico di droga e nel suo ristorante ospitava gli italiani che venivano impiegati per trasportare, attraverso il doppio fondo delle valige, la cocaina in Calabria. Quando lo hanno arrestato, assieme alla moglie e al figlio, gli agenti hanno trovato nella cassaforte del ristorante oltre centomila dollari, armi e dosi di coca. E Fazio, originario di Pianopoli, sarebbe stato il suo ambasciatore della coca, un sodale di assoluta fiducia. Faceva il cameriere nel ristorante del Queens. Ma aveva trovato anche il tempo di candidarsi alle comunali della quarta città più grande in Calabria.