Annunciato a Cannes 2020, come altri titoli inclusi nella selezione di quest’anno, The French Dispatch è il ritorno di Wes Anderson sulla Croisette con un cast che sembra quello di un film di Woody Allen prima che finisse sulle liste nere, e disegnato per il tappeto rosso dei sogni di Thierry Fremaux, ricco com’è di grossi nomi del cinema americano ed europeo. Angelica Huston, Tilda Swinton, Ed Norton, Timothee Chalamet, Lea Seydoux, Bill Murray, Mathieu Almaric, Frances McDormand, Willem Dafoe e almeno una decina di altre star… si intersecano in tre storie pubblicate nell’ultimo numero di immaginario periodico del Kansas e raccolte in un’immaginaria città francese del secolo scorso. Anderson, che firma la sceneggiatura insieme a Roman Coppola, Jason Schwartzman e Hugo Guinness, ha detto di essere stato ispirato dal suo amore per il settimanale «New Yorker».

E, ALMENO in parte, il suo film deriva direttamente dalle pagine della leggendaria pubblicazione di Harold Ross – con trame tratte da articoli usciti sulla rivista, sul maggio francese e sul commerciante d’arte Lord Duveen – nel personaggio di Herbsaint Sazerac (Owen Wilson), un alias del noto giornalista del «New Yorker» Joseph Mitchell, e in quello di Roebuck Wright (Jeffrey Wright), che ricorda James Baldwin.
Al polo opposto dell’universo controllatissimo e iperdisegnato di Anderson, sempre in concorso quest’anno, sarà quello imprevedibile, poeticamente estremo e liricamente «ai margini» di Sean Baker che torna a Cannes cinque anni dopo aver portato alla Quinzaine il suo film precedente, The Florida Project con Red Rocket. Dalla disastrata periferia pastello del Magic Kingdom, prosciugata dalle speculazioni bancarie e dalla fuga dei posti di lavoro, a uno sgangherato Texas sottoproletario (come quello dei primi film di Roberto Minervini) bruciato di terre e arancioni, Baker infonde nel nuovo film una traccia della vena di commedia iperbolica che attraversava Tangerine, virata in direzione del soft core italiano degli anni settanta.
L’attore degli Scary Movie Simon Rex (Dirt Nasty, nella sua carriera di rapper) è Mickey Saber, trentanovenne in bilico sul filo dell’umiliazione e del ridicolo, caduto in disgrazia dopo aver cercato invano fortuna in California iniziando giovani donne alla carriera nel cinema porno, che torna al paesino texano da dove era fuggito e chiede asilo alla ex moglie e alla ex suocera ma poi si ricomincia a sognare una fortuna nel cinema a luci rosse quando si invaghisce di una venditrice di donuts che assomiglia a Ornella Muti.
Terzo e ultimo film americano in concorso è quello diretto da Sean Penn, Flag Day, tratto dal libro Jennifer Vogel Flim Flam Man: The Story of My Father’s Countrefeit Life – un duetto padre/figlia meravigliosamente stregato da un’aura di autobiografia, interpretato com’è da Penn (nel ruolo del padre, che è un bugiardo irriducibile che vive di espedienti) e dalla sua luminosissima figlia, Dylan (la figlia).
Un altro film in lavorazione da anni, prima ancora di rimanere incagliato nella palude della pandemia, The Velvet Underground, sarà invece fuori concorso. L’atteso documentario di Todd Haynes è stato realizzato con la collaborazione dei membri superstiti della band americana e sarà distribuito dalla Apple. Sempre fuori concorso, è una storia di padre e figlia anche Stillwater, di Tom McCarthy, il regista di Spotlight, qui con Matt Damon, operaio di un pozzo di petrolio dell’Oklahoma, in trasferta a Marsiglia dove sua figlia teen ager è in prigione, accusata di avere ucciso un’amica.

DUE I TITOLI Usa in Un Certain Regard – After Yang e Blue Bayou, entrambi secondi film di due promesse del Sundance. Il primo è diretto dall’ autore di origine coreana e noto video e saggista critico (per la Criterion Collection) Kagonada, regista dell’elegante e un po’ misterioso rebus architettonico Columbus (2017).
Il secondo dall’attore/sceneggiatore/regista americano-coreano Justin Chon che aveva vinto la sezione NEXT di Sundance sempre nel 20017 con Gook, ambientato sullo sfondo delle riots di Los Angeles. Oliver Stone sarà a Cannes con un doc sull’omicidio Kennedy, derivato da informazioni e testimonianze raccolti durante la preparazione di JFK.