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L’America televisiva scardina l’enclave Brexit

L’America televisiva scardina l’enclave Brexit

Royal wedding Il matrimonio fra l'attrice afroamericana Meghan Markle e il principe Harry. Un colpo di grazia al protocollo di Buckingham Palace

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 20 maggio 2018

Obama e Michelle non c’erano alle royal wedding dell’anno. Gli sposi Meghan Markle e il principe Harry (che ricordiamo in uniforme nazista a una festa, ma qui sfoggiava la divisa della British Army) erano stati consigliati di sorvolare, causa Trump. Presentissima invece l’America televisiva e dei divi, scesa da un altro pianeta, con il cast di Suits, Clooney e Amal e molti atleti. Donne Usa tutte con cappellini di ordinanza (nessuna ha oscurato l’imbattibile Camilla). E così l’orgoglio Brexit è capitolato nell’inno a stelle e strisce, d’obbligo vista la nazionalità di lei, attrice, un divorzio alle spalle come Wallis Simpson, afroamericana da parte di madre (insegnante di yoga con dreadlocks mai visti a corte).

La dysfunctional family della sposa – l’etichetta è dei velenosi tabloid inglesi – ha scaraventato sulle montagne russe gli abitanti di Buckingham Palace. A cominciare dal nipote Tyler Dooley, che ha festeggiato il matrimonio pubblicizzando il nuovo tipo di cannabis che coltiva felice in Oregon. Poi ci sono state le dichiarazioni di fratellastri da favola gotica. Infine, la performance del padre di Meghan. Mr Markle, dopo che si era venduto l’anima ai paparazzi, ha avuto un provvidenziale attacco di cuore che l’ha tenuto lontano dal grande giorno in mondovisione.

La sua assenza però ha fatto saltare il protocollo: nella St George Chapel del Castello di Windsor, Meghan, col suo strascico bianco firmato Givenchy, ha reagito con una fiera e storica passeggiata in navata, da sola. Almeno fino a quando è stata intercettata da Carlo, l’eterno erede al trono sfiancato dalla tempra d’acciaio dei suoi. E Elisabetta? Avvolta in un verde acidissimo, è stata poco propensa a ridere durante il sermone del vescovo nero: il power of love, citazione diretta da Martin Luther King, non è ancora roba per regine.

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