Persino i Simpson, in visita a New York sulle note di la Rapsodia in blue di Gershwin, hanno dato il loro addio a David Letterman. Il «We’ll miss you Dave» – ci mancherai Dave – della famigliola di Springfield è un sentimento comune da quando, la settimana scorsa, il grandissimo conduttore del Late Night with David Letterman ha annuciato il suo ritiro, previsto per l’agosto 2015. Alle redini del programma di tarda serata dalla mezzanotte e mezza del primo febbraio 1982 (ospite d’onore Bill Murray), quando il suo show (attualmente in onda alle 11.30 sulla CBS) seguiva quello veneratissimo di Johnny Carson, sulla rete NBC, Letterman è stato il ponte tra gli maestri originali del formato late night (Carson, Steve Allen, Dick Cavett..) e il terzo millennio.

Dotato di uno spirito ipercaustico e di una prospettiva obliqua, irriverente, molto Midwestern (è nato in Indiana), negli anni ottanta Letterman era stato infatti capace di ancorare al piccolo schermo anche la generazione degli studenti universitari, introducendo nel programma, oltre alla mitica lista di top 10 del giorno- anche rituali di puro dadaismo, come i Stupid Pet Tricks (in cui invitava in studio cani posseduti dal demonio, gatti parlanti….con il loro orgogliosissimi padroni), i Stupid Human Tricks (in cui sperimentava, spesso su se stesso invenzioni assurde) e una serie di, notizie dalla provincia, News from Small Towns. L’idea (geniale) era di condire con una buona dose di «Americana» la formula codificata e piuttosto glamour del talk/variety show notturno. Negli anni, Letterman ci ha dato anche una conduzione Oscar (stroncatissima), un’attrazione fatale (la fan che gli rubò la Porsche, dormiva nel suo campo da tennis e forzò più volte l’ingresso della sua villa), un grande momento di militanza (smise di andare in onda e si fece crescere la barba in appoggio agli sceneggiatori in sciopero, per poi tagliarsela quando venne firmato il contratto), una lite storica con Oprah Winfrey e almeno uno scandalo (quando un produttore CBS gli chiese due milioni di dollari in cambio del silenzio sulle sue relazioni extraconiugali con alcune colleghe di lavoro).

stephen-colbert-wax-figure-xl

Mai passivo, se non addirittura pungente, come intervistatore, Letterman poteva diventare una furia, senza mai smettere di sorridere. Clamoroso un suo battibecco con Cher, il modo in cui polverizzò Joaquim Phoenix in versione rapper qualche anno fa e, soprattutto, nell’autunno 2008, il tiro micidiale che giocò al candidato presidenziale John McCain, dopo che questi aveva cancellato un’apparizione adducendo l’urgenza di rientrare a Washington per via della crisi finanziaria. Scoperto che in realtà McCain, lo stesso giorno e nello stesso palazzo, aveva concesso un’intervista a un altro programma CBS, Letterman –che raramente si occupa di politica in modo diretto o è esplicitamente «di parte» (Obama 2012 è stato un’eccezione)- prima lo coprì di ridicolo raccontandone l’ipocrisia e poi fece del senatore dell’Arizona un bersaglio quotidiano del suo affilatissimo scherno. Gli indici di gradimento del candidato McCain non si ripresero mai da quel colpo.

All’annuncio del suo ritiro è seguito quasi subito quello, altrettanto discusso, di chi prenderà il suo posto, Stephen Colbert, il fiammeggiante conduttore di The Colbert Report, in onda nei giorni infrasettimanali su Comedy Central e in cui, con una straordinaria intuizione di performance art, Colbert interpreta non se stesso ma un conduttore di estrema destra che si chiama come lui ed è ispirato alla star di Fox News, Bill O’Reilly.

Tradizionalmente la politica, su cui si fonda per esempio il Daily Show di Jon Stewart su Comedy Central, non è il piatto forte del varietà di tarda serata sui network, e i politici hanno sempre guardato con un certo nervosismo la prospettiva di mettersi alla mercè di geni della commedia, come sono sempre i conduttori di quei programmi. Clinton, nella campagna 1992, in anticipo con i tempi, segnò la prima inversione di tendenza, presentandosi a suonare il sassofono sull’Arsenio Hall Show (un’apparizione che funzionò sul doppio binario del voto giovane e di quello afroamericano). Obama è stato criticato per essere apparso nei talk show notturni, Letterman in primis, non solo come candidato ma anche in qualità di presidente. La cosa è sempre più frequente ma, fino ad oggi, i network hanno accuratamente evitato un’overdose di Washington in programmi che, insieme ai tg delle 18.30, agli Oscar, ai dibattiti presidenziali e al Superbowl (ed escludendo certa fiction), rimangono uno dei pochi rituali americani di massa in un mercato televisivo sempre più costruito sulla base di nicchie.

Jimmy Fallon e Seth Meyers, gli ultimi due arrivati nel pantheon dei conduttori dei talk show notturni, il primo a sostituire Jay Leno, nella poltrona che fu di Carson al The Tonight Show , sulla NBC, il secondo a sostituire Fallon nello show che viene subito dopo, hanno per ora rispettato la tradizione. Entrambi provenienti da Saturday Night Live, dove sono cresciuti sotto l’egida del suo produttore storico Lorne Michaels, Fallon e Meyers hanno un’allure che funziona sia con il pubblico della generazione del baby boom (di cui fa parte Michaels), sia che con quello più giovane. I loro show, partiti da poco, sono buoni, e stanno avendo successo. Ma le variazioni che hanno portato al formato, per ora, sono minime, e più che altro legate alle rispettive personalità – entusiasta, giovanile, inclusivo e ammirato nei confronti dei suoi ospiti Fallon, mentre Meyers ha uno humor più cerebrale e rapido.

Ma l’incognita piu grossa è cosa farà tra un anno Steven Colbert. Il commentatore radiofonico di estrema destra Rush Limbaugh, ha paragonato la sua nomina alla successione di Letterman a un’entrata in guerra contro la Middle America: «Con Colbert, l’attacco della commedia ai valori tradizionali americani diventerà un dato di fatto agli occhi di tutti». Da parte sua, Colbert ha annunciato che, una volta al Late Show, metterà da parte il personaggio iperconservatore e iperaggressivo che ha interpretato fino ad ora e sarà finalmente «se stesso». Da un certo punto di vista, quel «se stesso» nessuno sa chi è. Ma Colbert, abilissimo anche nella comicità fisica, è un intervistatore magnifico e uno showman pieno di idee. Considerando che il suo contratto su Comedy Central scadeva in coincidenza con quello di Letterman, a questa successione sta pensando da un po’. Lo vedremo nell’agosto 2015. Nel frattempo, tutto quello che sta succedendo «a tarda notte» è a livelli altissimi. Il che conferma che la tv americana sta attraversando una vera Golden Age, non solo per quando riguarda la fiction.