È una fotografia semplice che fa anche divertire a guardarla, quella di Elliott Erwitt. Perché se è vero che le situazioni per le quali vale la pena scattare capitano casualmente – le foto «accadono», sosterrebbe lui, in quanto succede qualcosa di buffo o paradossale – è indubbio che si debba possedere la predisposizione a vedere l’insolito nello svolgersi del vissuto. Quella visuale inedita, sorprendente, che magari si riesce a cogliere nella quotidianità della realtà di provincia, lontano dalle luci della ribalta.

IN PROVINCIA, attraverso le foto, Elliott Erwitt ha festeggiato il suo compleanno a cifra tonda (90 anni compiuti in luglio) a Lecce con la retrospettiva Personae, prodotta da Civita-mostre e allestita nelle sale del castello cinquecentesco intitolato all’imperatore Carlo V d’Asburgo.

È IL CASTELLO PIÙ GRANDE della Puglia, ma dacché nel 1983, dopo una gestione plurisecolare dell’autorità militare, passò nella disponibilità dell’amministrazione comunale e fu reso fruibile al pubblico, il suo recupero architettonico-funzionale non è stato ancora completato.
La mostra (visitabile fino al 9 settembre) è curata da Biba Giacchetti che vanta una frequentazione ventennale col fotografo americano nato a Parigi e un’infanzia a Milano. Ha trascorso otto giorni a Manhattan nello studio del maestro e insieme hanno scelto le istantanee, estraendole dall’immenso archivio costituito da oltre 500mila negativi: 120 scatti stampati in grande formato la cui presenza, nel percorso espositivo, fa parte di un preciso progetto. Conosciamo Erwitt perché ha fotografato più volte i cani, ai quali ha pure dedicato dei volumi che ne raccolgono immagini con pose esilaranti: «Mi mettevo ad abbaiare ai cani incontrati per strada – diceva – . Così facendo li aizzavo per meglio riprendere la loro reazione».

È RIDUTTIVO ETICHETTARLO come il fotografo degli amici a quattro zampe. Attraverso il proprio stile fondato su un inconfondibile senso dell’umorismo trasferisce nelle foto una personalità positiva che apre all’ottimismo e all’indulgenza. La discriminazione, la violenza, che ha subìto direttamente, lui di origine ebraica, costretto con la famiglia a lasciare l’Italia in fretta e furia in seguito alle leggi razziali del 1938, le testimonia con una fotografia emozionale che invita alla riflessione: l’istantanea del 1950, in uno stato del sud degli Usa, dei due lavandini separati nello stesso ambiente per bianchi e per neri; il primo piano, nel 1963, di Jacqueline e di Robert al funerale del presidente John Kennedy. Personae rimanda più esattamente alla sfera privata degli individui, nel momento in cui ci si spoglia della maschera con la quale ciascuno recita una parte sul palcoscenico del mondo.
Alcuni suoi scatti in bianco e nero, a partire dalla fine degli anni ’40, occupano un posto nella storia della fotografia e chiunque si avvicini alla disciplina è in grado di riconoscerli. Quando incontrò Robert Capa, tra i fondatori dell’agenzia Magnum Photos, Erwitt cominciava a collaborare da fotogiornalista con testate come Look, Life, Collier’s. Era il 1953, nello stesso anno faceva ingresso nella sede di Magnum con la qualifica di fotografo associato. Giungerà a ricoprirne il ruolo di presidente nel 1968.

ALLA FOTOGRAFIA A COLORI, in gran parte ancora inedita, si avvicinò in quegli anni usandola essenzialmente per lavori editoriali e per commesse pubblicitarie (dall’architettura al cinema fino alla moda). Nella retrospettiva di Lecce, che è un accurato saggio della sua vasta produzione, si riassume per la prima volta insieme il bianco-nero e il colore.
Per giovarsi di una partecipazione coinvolgente durante l’itinerario espositivo, il visitatore è coadiuvato da un’audioguida che lo informa, di ciascuna fotografia, sia del dettaglio tecnico sia del contesto e della motivazione che hanno spinto a scattarla. Sono informazioni esclusive che nessuna fonte finora aveva messo in circolazione.