Jana Sterbak è un’artista ceca (è nata a Praga) che vive in Canada di cui difficilmente si possono vedere le opere in Italia. Esordì in campo artistico con delle potenti performance verso la fine degli anni Settanta che riconducevano tutto al corpo femminile in particolare, ma alla fisicità dell’essere umano in generale. Ora è in mostra presso la galleria Raffaella Cortese di Milano (fino all’8 febbraio) e a chi capiti di andare nella città lombarda la consigliamo vivamente. Se Vassily Kandinsky a Palazzo Reale, con i suoi ottanta dipinti provenienti direttamente dal Pompidou di Parigi catalizzerà gran parte dell’attenzione del pubblico, nulla esclude una tappa anche nella galleria di via Stradella. Sterbak, nonostante il suo «trasferimento» in Nord America confessa di amare Hrabal e di guardare al corpo come «la prima restrizione di libertà con cui ci si scontra fin dalla nascita». Popolata di gabbie, muri, dispositivi minacciosi, la sua arte è una metafora della condizione umana, a partire da quelle strutture che impediscono i movimenti che hanno costellato la sua produzione. Nella personale milanese, ci sono installazioni come Cage for Sound e Spire Spine, una colonna vertebrale di scorta in bronzo, o anche Chemise de nuit, una camicia da notte femminile con dei peli sul petto, a sottolineare l’ambiguità sessuale e di genere.

Molto più tranquilla e meditativa è invece la mostra che pone a confronto due ritratti. Melotti guarda Melotti al Museo Marino Marini di Firenze (fino al 4 gennaio) presenta, uno di fronte all’altro il ritratto di Melotti che fece Marini nel 1937, nella sua versione in cera, con l’aereo e filiforme Teorema del 1971 dell’artista di Rovereto: un dialogo impossibile che si svolge nel sacello della cripta del museo.

A Roma la scena è tutta per Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter, a cura di Marc Restellini. Per la prima volta, a Palazzo Cipolla in via del Corso, si possono ammirare i capolavori appartenenti alla ricca collezione del mecenate Jonas Netter (1867 – 1946), in un percorso di 120 opere che narra la vita bohèmienne dei pittori che vissero e dipinsero a Montparnasse agli inizi del Novecento. Netter, che di mestiere faceva il rappresentante, fu messo sulla buona strada al mercante e poeta polacco Léopold Zborowski, che gli suggerì opere di artisti non ancora famosi da comprare a ottimi prezzi. Fra questi, c’era Modigliani che poté sopravvivere anche grazie a lui.

Napoli accoglie il visitatore con la stupefacente mostra presso il Museo Pignatelli di Mark Dion (fino al 2 febbraio). Con The Pursuit of Sir William Hamilton, l’artista americano crea dei cabinets, che mettono in discussione la distinzione tra il metodo scientifico «oggettivo» razionale e le influenze soggettive. Il progetto espositivo si concentra sulla figura del diplomatico inglese Sir William Hamilton, ambasciatore tra il 1764 ed il 1800 presso la corte di Napoli durante il regno di Ferdinando IV.

Per chi si trovasse in Sardegna, il Man di Nuoro, fino al 16 febbraio, ha allestito una importante retrospettiva del francotedesco Jean Arp (1886 – 1966), a cura di Rudy Chiappini e Lorenzo Giusti. Insieme alle sculture – Hurlou, Pas encore de titre, Feuille-miroir – vengono esposti anche gli arazzi e dodici bassorilievi, oltre ai lavori di artisti come Calder, Klee, Masson, Picabia, Schwitters, Richter, Sonia Delaunay.

Infine, un salto all’estero. Londra entra nell’anno nuovo cavalcando un evergreen come Paul Klee (Tate Modern, fino al 9 marzo), mentre la National Gallery si affida fino al 12 gennaio a Facing the Modern: The Portrait in Vienna 1900, un affresco mitteleuropeo della borghesia ai primi del secolo disegnato da Schiele, Klimt e Kokoschka. Parigi si farà interessante in primavera, preparandosi a ospitare la mostra di Augusto, ma soprattutto aprendo Monumenta 2014 con la grande coppia russa Ilya & Emilia Kabakov. Saranno loro, nel maggio prossimo, a portare una Strange City  nei tredicimila metri quadrati della navata del Grand Palais.

Naturalmente, c’è anche New York fra le mete d’arte. Qui, conviene affacciarsi al Moma: c’è la tedesca Isa Genzken con le sue sculture dissacranti.