L’ambasciatore italiano Giampaolo Cantini arriverà al Cairo entro settembre: lo riferisce Tarek Radwan, capo della Commissione Esteri del parlamento egiziano all’agenzia indipendente Mada Masr.

Secondo Radwan, è l’annuncio dietro le quinte che il senatore italiano Nicola Latorre, presidente della Commissione Difesa del senato italiano, avrebbe fatto durante l’incontro con il presidente del parlamento egiziano, nella visita di qualche giorno fa in Egitto.

Secondo il capo della Commissione Esteri, durante l’incontro i due hanno discusso «degli ultimi sviluppi sul caso della morte del ricercatore Giulio Regeni e della ripresa delle relazioni tra Egitto e Italia».

Indiscrezioni che danno elementi temporali precisi, non emersi dalle dichiarazioni ufficiali rilasciate dalla delegazione italiana a margine della visita al Cairo: Latorre si era limitato a indicare il ritorno dell’ambasciatore italiano come un obiettivo da raggiungere, non come dato di fatto.

«I tentativi di riallacciare i rapporti sono giunti – si legge nelle dichiarazioni di Radwan raccolte da Mada Masr – dopo che l’Italia ha verificato la serietà delle autorità investigative egiziane sull’omicidio Regeni».

Parla anche Yehia Kedwani, sottosegretario della Commissione Difesa del parlamento egiziano: «L’Italia ha un enorme bisogno dell’Egitto – riporta la stessa agenzia – perché è il solo capace di impedire ai terroristi che lasciano Siria e Iraq di arrivare sulle coste italiane attraverso quelle libiche. Perciò l’Italia cerca un terreno comune, soprattutto dopo essere stata rassicurata sulla determinazione della Procura Generale [egiziana] a individuare gli assassini di Regeni».

La stessa Procura Generale che un mese fa, il 16 giugno, rigettava la richiesta di quella di Roma ad assistere agli interrogatori dei sette agenti coinvolti nel caso.

Mentre con una mano consegnava una piccola parte dei documenti richiesti in numerose rogatorie (solo una sintesi degli interrogatori dei sette poliziotti della Sicurezza Nazionale che indagarono su Giulio fino al 20 gennaio 2016), con l’altra diceva no alla presenza degli investigatori dei pm Pignatone e Colaiocco.

La legge egiziana non lo prevede, dice. E Roma di fronte a tanta «serietà» e «determinazione» pensa a come normalizzare al più presto i rapporti.