Il silenzio esalta i suoni della natura, soprattutto dentro la foresta. I tuoni diventano scosse vibranti di luce, mentre la sinuosità del movimento delle acque dei fiumi è sulle tracce di un diapason inquieto. Anche il pericolo ha un suono, anzi più d’uno, come la notte e il giorno, addormentandosi e poi svegliandosi con la voce degli uccelli e degli altri animali dell’Amazzonia.

LA DIMENSIONE SONORA E’ PROPRIO la prima sensazione che l’osservatore percepisce nel visitare la mostra Sebastião Salgado. Amazônia al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma (fino al 13 febbraio 2022), così come l’ha concepita la curatrice Lélia Wanick Salgado. Un’intima connessione con il paesaggio naturale sollecitata dalla musica, realizzata dal compositore Jean-Michel Jarre frugando anche negli archivi sonori del museo etnografico di Ginevra. Al di là dell’estetizzazione in parte amplificata, la bellezza dirompente delle oltre 200 fotografie in bianco e nero è il dispositivo per trasformare in manifesto politico il messaggio che Sebastião Salgado (Aimorés, Brasile 1944, vive e lavora a Parigi) ha abbracciato da trent’anni con l’immancabile supporto della moglie Lélia e del loro figlio Juliano Ribeiro (codirettore con Wim Wenders del documentario Il sale della terra), line producer delle interviste video a capi e sciamani delle 12 etnie ritratte, sulle circa 190 presenti nei territori indigeni.

«HO SCATTATO QUESTE FOTOGRAFIE in un momento in cui ero convinto di trovarmi in paradiso. Stavo fotografando le cose più belle che esistono al mondo e avevo il dovere di trasformarle in immagini, affinché tutti potessero vedere quell’immensa bellezza», afferma il fotografo brasiliano. Prima tappa di un tour internazionale, prodotta dal MAXXI insieme a Contrasto, Amazônia è anche una carrellata di diversi generi fotografici – il reportage, la fotografia naturalistica, la fotografia antropologica, il ritratto – interpretati dall’autore per poter offrire una visione più ampia.

SONO PARTICOLARMENTE INTENSI i ritratti delle donne del gruppo etnico Ashaninka, dei Suruwaha, degli Yaminawá, ma non meno degli scatti che illustrano la vita quotidiana dei gruppi più isolati come i Zo’è nel nord del Brasile e i Korubo. Un mondo sino ad oggi preservato – grazie anche al ruolo fondamentale della Funai (Fundação Nacional do Índio), organizzazione governativa brasiliana che dal 1967 tutela i popoli indigeni e le loro terre – che rischia di scomparire per le politiche criminali del governo Bolsonaro responsabile della distruzione di milioni di ettari di foresta amazzonica e delle violenze sulle popolazioni locali.

ATTRAVERSO UN LAVORO autofinanziato durato sei anni e 48 spedizioni, frutto di una lunga fase preparatoria dove la fotografia rappresenta solo il momento conclusivo – si parte dalla richiesta di autorizzazione alla Funai e, in caso positivo, dall’accettazione da parte delle comunità di accogliere la spedizione fotografica – Salgado ha reso visibile agli occhi del mondo intero la realtà stupefacente dell’Amazzonia e le minacce che la attanagliano.

«ARRIVA QUESTO TIZIO DA PARIGI accompagnato da un sacco di gente con le attrezzature» – ha affermato durante la conferenza stampa. «Alla fine, però, sbarco di fronte a degli esseri umani e so che sono svegli e vivaci tanto quanto lo sono io, lo siamo noi. Gli indios sono molto curiosi, spesso molto più di tanti che vivono nel cosiddetto occidente. Le famiglie che abbiamo contattato sono state tutte d’accordo ad essere visitate e fotografate. Sono molto consapevoli di quello che facciamo. Le comunità indigene dell’Amazzonia non sono mai state minacciate come al giorno d’oggi, ma d’altro canto non sono neanche mai state così organizzate. Sono tutte legate, in qualche maniera, ad una delle varie associazioni che si occupa della loro tutela».

CONCRETAMENTE IL FOTOGRAFO, con il suo gruppo di lavoro, si sta attivando per far accreditare alcune delegazioni degli indios a COP 26 – XXVI Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre. «Il governo brasiliano non accredita la delegazione degli indios. Ci vanno loro ma coloro di cui si parla o si dovrebbe parlare sono assenti».