Suona quasi «naturale» l’affinità che Sandro Lombardi e Federico Tiezzi sentono con Thomas Bernhard, in quel sentimento lucidamente critico, ma che pure rivela grande attaccamento e conoscenza, rispetto al mondo e alle sue espressioni. L’attore e il regista portano attualmente in giro l’adattamento teatrale (firmato da Fabrizio Sinisi) di un romanzo dello scrittore austriaco, Antichi maestri, (che dopo le repliche al Vascello di Roma, Pistoia e diverse altre piazze si concluderà per ora il prossimo 16 dicembre al teatro Garibaldi di Carrara e il 17 al Niccolini di San Casciano). Quel romanzo, uscito nel 1985, quattro anni prima della morte dello scrittore, fa parte di una trilogia dedicata anche alla musica e al teatro, oltre che in questa sua ultima parte alla pittura. Non a caso il racconto si svolge nelle auguste sale del Kunsthistoriches Museum di Vienna, tutto dentro la sala del Bordone dove campeggia il dipinto di Tintoretto L’uomo dalla barba bianca.

DAVANTI a quel quadro e al suo protagonista, passa il suo tempo, a giorni alterni, il personaggio principale del racconto: Reger, borghese e intellettuale che dopo la morte della moglie davanti a quel dipinto indaga e si interroga, in realtà sempre più consolidando il proprio distacco dal mondo, di cui conosce in profondità limiti, vizi e difetti. Non fa concessioni su nessun fronte Reger, né agli uomini né ai comportamenti: i suoi teoremi sono indiscutibili e inappellabili, la lucidità dei suoi ragionamenti non concede repliche.

A FARGLI da interlocutore un’altra presenza da lui stesso invitata, Atzbacher, quasi un alter ego dialettico quanto impotente. E a quardare entrambi, e la loro impossibile dialettica, un guardiano del museo, che pure ha il suo ruolo «combinatorio» nella dinamica del racconto, e del sentimento. È facile e quasi istintivo, dopo poche battute, identificare nel personaggio di Reger,lo stesso Bernhard: la sua prosa sferzante e fascinosa ha quella autorità indiscutibile. E Sandro Lombardi ha una bravura ipnotica quanto convincente nell’irretire lo spettatore dentro la ragnatela di sicurezze sprezzanti e divertimento sincero del grande scrittore austriaco. A fianco a lui, nei panni dei due «testimoni», Martino D’Amico e Alessandro Burzotta. La regia di Tiezzi li scandisce con cura, in un meccanismo quasi «a cappella». E soprattutto disegna e ritaglia e rimodella le cornici luminose che ha chiesto alla scenografia di Gregorio Zurla. Riquadri, gabbie, o tastiere, che mostrano continuamente quanto grande e incorreggibile sia la genialità amara di Thomas Bernhard.