A palazzo Madama una riforma, con i relativi tagli, è già in atto. Non per i senatori, per i quali il disegno di legge che li riguarda ha appena cominciato il suo iter in commissione Affari costituzionali, ma per chi ci lavora. 847 dipendenti il cui futuro è scritto in un piano messo a punto dal segretario generale Elisabetta Serafin e che ora è nelle mani della vicepresidente Valeria Fedeli che ha cominciato a discuterlo con i sindacati. Si tratta di una parte di un più vasto programma di riorganizzazione generale del parlamento che prevede sinergie tra Camera e Senato, oggi divise in due amministrazioni separate, non escludendo in futuro un possibile avvio della mobilità interna tra i dipendenti. In nome, ovviamente, di un risparmio che prevede una riduzione delle figure apicali, il taglio e l’unificazione di alcuni servizi e un freno agli aumenti salariali e che dovrebbero ridare fiato ai bilanci.

Una premessa: a dicembre del 2013 alcuni sindacati, tra cui la Cgil, hanno firmato con la rappresentanza permanente per i problemi del personale, la controparte politico-amministrativa, un accordo sul ruolo unico dando di fatto il via libera alla stesura del piano di risparmi che a marzo, durante quello che per ora è stato l’unico incontro con Fedeli, ha avuto dai sindacati un sostanziale via libera, anche se non sono mancati rilievi critici. «Diciamo che per ora lo consideriamo un documento in progress», spiega un addetto ai lavori.
Obiettivo del piano è quello di arrivare a una razionalizzazione delle risorse umane ed economiche e questo, per quanto strano, a prescindere dalla riforma costituzionale. «Anche nel caso in futuro dovesse rimanere un bicameralismo perfetto – prosegue chi segue la trattativa – la riforma alla quale stiamo lavorando sarà sempre valida per ottenere una diminuzione della spesa». Risparmi, dunque, ma da ottenersi come? Il piano messo a punto dai vertici dell’amministrazione parte da una riduzione del 20% del numero di figure apicali, i dirigenti di palazzo Madama. Accompagnato da un taglio dei servizi oggi alla dirette dipendenze dello stesso segretario generale che, è scritto nel piano, verranno «diminuiti drasticamente». La riforma riguarda le tre aree in cui oggi sono divisi gli uffici del Senato: legislativa, amministrativa e documentale. In tutto 18 servizi che verranno ridotti in futuro accorpandone alcuni tra loro. Il piano riporta anche alcuni esempi: i servizi che oggi seguono i lavori della Commissioni (bicamerali, permanenti e speciali) verranno accorpati con quelli che si occupano delle prerogative e delle immunità parlamentari. Oppure i servizi che seguono i lavori dell’assemblea uniti a quelli dedicati alla qualità degli atti normativi. Questura e cerimoniale uniti con economato, prevenzione e sicurezza sul lavoro. E ancora: l’ufficio stampa confluirà in un mega-servizio che comprenderà anche il servizio comunicazione istituzionale insieme agli uffici dei resoconti, delle informazioni stampa e internet, informazioni e archivio parlamentare e relazioni con i cittadini e le scuole.

C’è, poi, il capitolo che riguarda il personale. Contrariamente da quanto detto dalla ministra della pubblica amministrazione Marianna Madia, che ha promesso la fine del blocco del turn over, difficilmente al Senato si arriverà a nuove assunzioni. Anzi. Anche se, fortunatamente, nel piano non si parla di licenziamenti, è vero però che è prevista una proroga del blocco del turn over in atto da 5 anni e che ha già comportato una riduzione del 40% del personale. Un ulteriore taglio avverrà quindi attraverso i pensionamenti, ma non sarà l’unica novità. Il piano prevede infatti anche un risparmio sui salari dei dipendenti per quali, non potendo toccare diritti acquisiti, è stata pensata una soluzione che prevede un rallentamento della crescita economica. Infine in futuro sarà possibile trasferire alla Camera il personale che dovesse risultare in eccesso a palazzo Madama.

E qui rientra la seconda fase di interventi che riguarda tutto il parlamento e prevede una sinergia di servizi tra Camera e Senato. Su questo aspetto particolare è già stato avviato un tavolo di lavoro al quale partecipano, oltre alle rispettive vicepresidenti, Valeria Fedeli e Marina Sereni, i rappresentanti dei lavoratori di entrambe la camere. Qui la riforma prevede anche l’istituzione di un ruolo unico per il personale, unificando oltre alla carriera anche l’aspetto economico. Ma anche l’avvio di servizi comuni alle due camere, come biblioteca, libreria, archivio storico, servizio informatico.

Su questo aspetto la discussione, che sia Fedeli che Sereni vorrebbero concludere entro la fine di maggio, è ancora aperta. I sindacati chiedono in particolare che il blocco del turn over si accompagni con un rientro in parlamento di servizi che in passato sono stati esternalizzati, in modo da poter ricreare competenze tra il personale oltre che risparmiare sulle spese di gestione. Servizi come, alla Camera, la resocontazione dei lavori delle commissioni, oggi affidato a una ditta esterna, ma anche tutte le attività di manutenzione del Senato, dai falegnami agli elettricisti ai tecnici, oggi appaltati all’esterno con un contratto unico che passa attraverso la Global service del gruppo Romeo.