«Stavo lavorando alla Carmen a Torino quando sono stato raggiunto da una telefonata del mio produttore Degli Esposti proponendomi di realizzare un film per lo schermo grande dell’Expo. Mi trovavo in un momento di autentico super-lavoro e risposi senza lasciare adito a dubbi che non se ne parlava nemmeno. Ippolita Di Majo, con la quale ho scritto Il giovane favoloso, e con la quale avevo collaborato per Noi credevamo, conosce benissimo la regione del Cilento e in realtà ha cominciato a fare delle ricerche. Quando finalmente sono arrivato sul posto era già quasi tutto fatto e ho potuto concentrarmi sulla composizione del film. In Pastorale cilentana c’è l’idea di un tempo interno all’inquadratura. La possibilità di fare esperienza di questo tempo spostandosi nell’inquadratura. Come se il tempo contribuisse a dare forma e corpo a uno spazio».

Mario Martone spiega con la generosità che lo caratterizza da sempre la genesi e il progetto che sta alle spalle di Pastorale cilentana. Presentato in Piazza Grande a Locarno, lo schermo più grande d’Europa, il film trova la sua dimensione più adatta. «Avevo già notato a Milano che la gente si sedeva per vedere il film anche se non c’erano posti a sedere. Devo ringraziare il direttore Carlo Chatrian che ci ha offerto lo schermo della Piazza». Il film si offre anche come la chiusura del cerchio di un’ipotetica trilogia iniziata con Noi credevamo e proseguita con Il giovane favoloso. «Capisco che possa dare questa impressione e mi incuriosisce anche pensarla in questo. Devo ribadire però che si tratta di una pura coincidenza. Molto del merito spetta a Ippolita Di Majo che, in quanto esperta di arte medievale, ha lavorato sul paesaggio in maniera tale da restituirne il senso profondo».

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«Quello del film è un mondo nel quale gli uomini e gli animali vivono in un rapporto di reciproca necessità. Siamo lontani dallo sfruttamento selvaggio e industriale del nostro tempo». «La cosa interessante», nota Martone, «è che nonostante le dimensioni dello schermo, la vita continuava a pulsare ai suoi bordi. Il bambino protagonista del film era preoccupato che il lavoro sul film potesse distrarlo dalla sua vera occupazione che è nutrire le sue caprette. In questo modo anche durante la lavorazione il tema della nutrizione e degli equilibri è diventato parte integrante della vita del set». «Peccato che Renato Berta non sia potuto essere a Locarno», dice «perché il suo lavoro è ancora una volta straordinario». Interrogato sulle recenti esternazioni di Nanni Moretti, Mario Martone osserva che «il cinema italiano degli ultimi anni è caratterizzato da grande varietà».

«Sono molto contento che il nuovo film di Giuseppe Gaudino sia a Venezia. Un autore unico e visionario. E sono anche molto curioso di vedere il nuovo film di Pietro Marcello». Entrando in conferenza stampa, Mario Martone mi dice del suo entusiasmo per Vincent Maccaigne e per il suo ultimo lavoro Dom Juan. «Un attore davvero notevole con un grande senso della regia. Si vede che proviene dal teatro. Sono rimasto molto colpito dal suo film. Una vera sorpresa».