Mentre i gruppi sono impegnati ad analizzare la bozza di risoluzione sul Mes che domani andrà in aula e si registra la prima defezione di Gianluigi Paragone al Senato, dove la maggioranza è più risicata, Roberto Fico incontra la stampa parlamentare per gli auguri anticipati di fine anno. Saranno giornate convulse, da qua al 2020, con la legge di bilancio che marcerà a tappe forzate e tempi ristretti, e il presidente della Camera esterna su una serie di questioni calde, come i rapporti tra governo e parlamento, le prospettive della maggioranza e quelle europee. Fico ne è cosciente, così come sa bene che le sue parole ricadono su un Movimento 5 Stelle in pieno caos (anche se lui preferisce dire che siamo davanti ad una fase di «trasformazione»), che ha bisogno di coordinate politiche per non sfilacciarsi o magari sfracellarsi proprio addosso al governo Conte.

Già il giorno prima, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, Fico aveva sostenuto che l’esecutivo è destinato a durare fino al termine della legislatura e diffidato della tentazione di tornare alle urne. Concetto ribadito davanti ai taccuini dei cronisti parlamentari: «Una legislatura che dura due o tre anni non fa bene al Paese – afferma Fico – Non possiamo essere in campagna elettorale permanente, non possiamo essere schiavi di slogan che non hanno niente a che fare con il Paese». Da qui passa ad elogiare il confronto tra diversi: «A volte i processi possono sembrare un po’ lunghi, un po’ farraginosi – spiega – Ma dal dialogo, dalla cooperazione, dalla discussione, dal dibattito pubblico vero si avranno leggi migliori». Da qui arriva alla critica del leaderismo, ed è impossibile non pensare anche alle questioni interne ai 5 Stelle: «Puntualmente nella nostra storia, anche recentissima, si propone la persona che sembra possa essere il salvatore della patria, anche negli anni passati è successa una cosa del genere. Secondo me va superata con le risposte che la democrazia dà ai problemi del Paese».

Se Luigi Di Maio promette un nuovo contratto di governo col Pd per rilanciare l’esecutivo e allo stesso tempo tenere le redini del M5S, Fico su questo si sbilancia un poco: «Già abbiamo visto che una forma cosiddetta di ’contratto’ non funziona, perché finisce per diventare ’un provvedimento a te un provvedimento a me’, invece di contribuire alla costruzione di un Paese». Dunque, Fico è attento a non entrare direttamente nelle questioni politiche ma fornisce un chiaro segnale di prospettiva, quasi un auspicio, all’alleanza tra Pd e M5S. «La maggioranza dovrà fare il suo percorso – dice – Sta a loro decidere il modo migliore di farlo. Bisogna allearsi sulla visione del Paese, bisogna riuscire a comprendere la direzione e costruirla insieme».

Quanto al passaggio lampo in parlamento della legge di bilancio, «questa situazione non è tollerabile» lamenta il presidente della Camera. Per questo motivo «ci dovrà essere un cambio di passo, è un problema ricorrente e voglio che si risolva». Infine, la questione spinosa del rapporto con l’Unione europea e del Mes, spartiacque in parlamento tra sovranisti e sostenitori della commissione von der Leyen in mezzo al quale il M5S rischia ancora una volta di non trovare una sintesi. Fico assicura di non volere entrare nel merito della contesa sull’accordo sul fondo salva-stati ma sull’Europa dice chiaro e tondo: «Più abbiamo un’Europa forte che riesca a parlare con una voce chiara su tematiche importanti, più abbiamo possibilità di andare avanti. Senza negare i problemi che abbiamo, senza negare che l’Europa vive un momento di crisi, che quindi va riformata, perché se non si riforma è un’Europa moribonda, morente».