Saranno pure piccoli passi, quelli del decreto carceri il cui esame comincerà il prossimo 7 gennaio in commissione giustizia alla camera. Ma certamente, vanno nella giusta direzione e con la procedura «accelerata» del decreto-legge, che consente l’immediata applicazione di alcune norme essenziali per ridurre il sovraffollamento penitenziario. Opportuna e attesa è la rimodulazione della disciplina degli illeciti minori connessi agli stupefacenti, dopo la Fini-Giovanardi puniti con sanzioni così elevate da alimentare, essi soltanto, un flusso rilevantissimo di ingressi in carcere. Importanti – anche in termini di «civiltà giuridica» – sono poi le misure volte a consentire l’identificazione degli stranieri detenuti direttamente in carcere, così da sottrarli a quella «pena aggiuntiva» e del tutto ingiustificata consistente nel trattenimento nei centri d’identificazione ed espulsione (oggi anche fino a 18 mesi) per mere esigenze di identificazione.

Importante la valorizzazione delle misure alternative alla detenzione, realizzata «stabilizzando» l’esecuzione domiciliare per fine pena ed estendendo i casi di affidamento al servizio sociale anche rispetto a pene residue di 4 anni, così da favorire non solo la riduzione della popolazione penitenziaria ma anche quel reinserimento sociale necessario per evitare la recidiva e rendere la pena una misura utile alla società oltre che al condannato.

Rilevanti sono, inoltre, le misure volte a garantire la tutela dei diritti nei luoghi di detenzione, rendendo più incisiva la tutela giurisdizionale rispetto al diritto di reclamo e affidando alla magistratura di sorveglianza funzioni di garanzia anche nei casi di inerzia dell’amministrazione penitenziaria (e si tratta di ipotesi tutt’altro che infrequenti). Sotto questo profilo, altrettanto importante è l’istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone sottoposte a misure limitative della libertà personale, con cognizione estesa non soltanto alle carceri ma anche ai centri d’identificazione ed espulsione, alle camere di sicurezza, agli ospedali psichiatrici giudiziari, agli istituti penali e le comunità di accoglienza per minorenni. Il Garante dovrà quindi assicurare che l’esecuzione di misure limitative della libertà personale – nelle forme, con le procedure e nei luoghi più vari- avvenga nel rispetto della legge, del diritto internazionale e, soprattutto, della dignità umana.

Pur non delineando una riforma organica del sistema penale e penitenziario – che sarebbe certamente necessaria ma che richiede un iter parlamentare più complesso e non può passare quindi per la decretazione d’urgenza – il provvedimento agisce su alcuni dei principali fattori del sovraffollamento dovuti a una politica penale espansiva tanto quanto recessiva sul fronte dell’inclusione sociale, del welfare e dell’accoglienza degli stranieri. Con il risultato, quindi, di criminalizzare la marginalità sociale e di rendere il carcere una misura socialmente selettiva, come dimostra la composizione della popolazione penitenziaria, fatta in prevalenza da stranieri e soggetti socialmente ed economicamente vulnerabili. Per il sovraffollamento e il degrado che ne caratterizza le condizioni, il carcere non solo si dimostra del tutto incapace di promuovere- come dovrebbe secondo Costituzione – il reinserimento sociale, ma addirittura rischia di favorire la recidiva, come ha dimostrato più volte Luigi Manconi. In tale contesto, una radicale revisione delle politiche penali e penitenziarie è allora – come ha scritto il Capo dello Stato- non solo un dovere giuridico e politico ma, addirittura, un «imperativo» morale cui la politica deve assolvere con assoluta priorità e con la consapevolezza che su questo campo si gioca la partita più importante per una democrazia liberale e rispettosa dei diritti e della dignità umana. Con questo provvedimento e con il decreto-legge di luglio (che ha ridotto l’area della custodia cautelare ed esteso, per converso, la sfera di applicazione di alcune misure alternative, vincendo quelle presunzioni astratte di pericolosità contrarie a un diritto penale «del fatto» e non dell’autore), il Governo ha fatto molto.

Il Parlamento deve ora agire con non minore determinazione, anzitutto approvando definitivamente i disegni di legge sulla custodia cautelare e sulle pene detentive non carcerarie, già votati dalla Camera. E inoltre approvando i provvedimenti di amnistia e indulto necessari a restituire alle condizioni delle nostre carceri quel minimo di umanità senza il quale la pena rischia di divenire, come ci insegna la Corte europea dei diritti umani, vera e propria tortura.