Porta il nome di un episodio vergognoso della nostra storia militare – una battaglia della guerra d’Etiopia in cui i soldati di Mussolini usarono le armi chimiche – la strada di Roma dove si trova l’appartamento di servizio che l’ex ministra della difesa Elisabetta Trenta continua a occupare, due mesi e mezzo dopo aver lasciato l’incarico. La vicenda, scoperta dal Corriere della Sera, ha provocato una serie di critiche all’ex ministra, anche da parte del Movimento 5 Stelle al quale appartiene. Lei ha spiegato, con un’intervista allo stesso giornale, di aver diritto a restare nell’alloggio perché è stato assegnato al marito, ufficiale dell’esercito. Spiegazione che però solleva interrogativi anche più grandi.

Il maggiore dell’esercito Claudio Passarelli, marito di Elisabetta Trenta, ha fatto richiesta dello stesso appartamento che era stato assegnato alla moglie e ne ha diritto, ha spiegato la ex ministra «perché è aiutante di campo di un generale». Il generale è Nicolò Falsaperna, segretario generale della difesa e capo della direzione generale degli armamenti, un ruolo importante quanto quello del capo di stato maggiore. Ma la nomina di Falsaperna è stata proposta proprio da Elisabetta Trenta nel settembre 2018. Passarelli aveva già lavorato nella segreteria di Falsaperna – quando il generale era vice segretario difesa – poi dopo l’arrivo della moglie a palazzo Baracchini era stato spostato agli affari generali, reparto che dipende dal sottocapo di stato maggiore che è proprio l’autorità che decide l’assegnazione degli alloggi di servizio «per il personale degli organi centrali». Esattamente il caso di Passarelli. Che ha un incarico «di prima fascia», dunque compatibile con l’assegnazione di un immobile prestigioso come quello che avrebbe dovuto lasciare la moglie ex ministra. E soprattutto consente l’assegnazione anche nel caso in cui il militare, o il coniuge, è proprietario di un appartamento nella stessa città, com’è il caso di Elisabetta Trenta – che al Corriere invece ha tenuto a precisare di essere lei la intestataria della casa al Pigneto, ritenuta comunque non adatta per dimensioni alla sua «vita di relazioni e di incontri».
Il canone per gli alloggi di servizio (Asi) è molto al di sotto di quello di mercato, è fissato infatti in 1,6 euro a metro quadro fino a 120 mq, oltre è legato all’equo canone. Nel caso in specie l’affitto annuo è assai inferiore alla somma che la stessa difesa mette a bando (si trova facilmente online) per la manutenzione degli avvolgibili negli stessi appartamenti. Trenta ha spiegato che aver mantenuto quell’appartamento, cambiando semplicemente il legittimo assegnatario – da lei a suo marito – ha fatto risparmiare all’amministrazione «le spese di un doppio trasloco».

Gli appartamenti della difesa sono di due categorie, oltre agli alloggi di servizio ci sono quelli temporanei (Ast), assegnati al personale militare sulla base di una graduatoria che tiene conto del reddito e del carico familiare. In tutta Italia gli alloggi sono quasi 17mila, di cui 5mila attorno a Roma. Circa 2.500 sono assegnati a categorie protette (individuate da un decreto dell’ex ministra Pinotti) mentre 1.500 risultano in carico a «senza titolo». Ma quasi cinquemila sono appartamenti vuoti, per effetto dell’impennata negli affitti decisi ai tempi di La Russa ministro e Crosetto sottosegretario. «È molto grave la mancanza di trasparenza sui criteri di assegnazione – dice Sergio Boncioli, presidente del comitato nazionale Casa diritto che tutela gli inquilini degli alloggi della difesa – lo stato maggiore mantiene il segreto totale sugli incarichi in ragione dei quali viene assegnato l’alloggio di servizio».

Ieri sul blog del Movimento 5 Stelle è apparso un post in cui si attaccava la ex ministra: «I nostri valori sono incompatibili con l’intenzione di mantenere l’appartamento. Ci sono soldati e militari che hanno davvero bisogno di un alloggio e non è il caso di Elisabetta Trenta e del marito». Critiche anche da Forza Italia e Pd, mentre Di Maio ha definito «inaccettabile» la permanenza in quella casa della ex ministra. Che però non ha ancora ceduto: «La mia coscienza è a posto. Se qualcuno pensa di intimorirmi ha capito male. Quella casa è stata attribuita a mio marito con una procedura regolare». La procura militare ha aperto un fascicolo, per il momento senza indagati né ipotesi di reato.