Editoriale

L’«alleanza» del papa con la misericordia

L’«alleanza» del papa con la misericordia

L’Anno Santo dedicato alla Misericordia del Signore si aprirà il prossimo 8 Dicembre, ricorrenza dell’Immacolata. Il Papa ha dunque voluto far nascere questo Giubileo straordinario dalla figura della Madre di […]

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 21 marzo 2015

L’Anno Santo dedicato alla Misericordia del Signore si aprirà il prossimo 8 Dicembre, ricorrenza dell’Immacolata. Il Papa ha dunque voluto far nascere questo Giubileo straordinario dalla figura della Madre di Dio, la Vergine nata senza il peccato originario – questo è infatti il significato dogmatico del ricorrenza – per legarlo alla forma della Misericordia mariana, quella della Madre Misericordiosa appunto. In questo Francesco I, ben distante dai conservatorismi di chi lo ha immediatamente preceduto, ribadisce invece, nel solco di Woytjla, quella «enfasi mariana» iniziata con il Papa che «veniva dal freddo», e che ora travasa direttamente nelle intenzioni di quello che «viene da lontano». Un nesso simbolico, come tutti quelli legati alla ritualità ecclesiale, che ci deve interrogare sul significato profondo di questa scelta, sul significato stesso della Misericordia, sia di quella del Salvatore, sia di quella di Maria, e dei suoi ascendenti nelle altre religioni monoteiste.

In primis allora vale risalire all’etimos del termine italiano, che deriva dal latino misereor (ho pietà) e cor-cordis (cuore). La Misericordia è dunque un atteggiamento etico-morale, cioè concreto nell’azione, che nasce dall’empatia tra esseri umani: inizia da un moto degli splanchna, le viscere e il cuore, organi dei sentimenti, ma viene «portato ad effetto» dalla volontà di tradurlo in un gesto conseguente. Prima ancora della parola di ascendenza latina però, troviamo lo stesso significato in ebraico, in cui il termine per Misericordia è khesed, che ha le sue radici nel concetto di «alleanza tra due parti» e nella conseguente solidarietà reciproca. Da questo si può capire anche il senso profondo della relazione tra il popolo ebraico ed il suo Dio, quell’alleanza appunto che li lega e che trasforma il Signore in un alleato del popolo eletto, mentre a sua volta esso deve onorare la divinità con i suoi sacrifici. E proprio in questo sta l’arcano delle reciprocità, della reciproca Misericordia.

Alcune interpretazioni mistiche di scuola cabalistica, Giuseppe ben Mosho Alaskar ad esempio, sostengono che Dio non potrebbe sopravvivere senza le preghiere dei suoi fedeli. E ancora, «Dio è in virtù dell’ascolto che l’ebreo gli porge», afferma il Midrash su Isaia 43,12; Rabbi Shimon ben Iochai dice: «Se voi mi siete testimoni, io sono Dio, se voi non mi siete testimoni io non sono Dio». Analizzando l’intento di queste parole, la loro forza provocatrice, non vi è dubbio che si parli di uno spirito divino che esiste in quanto «curato» dalla Vita che ha oggettivato. Anche l’Islam, «figlio» dell’ebraismo e «fratello» del cristianesimo, è attraversato da una corrente, il sufismo, che possiamo considerare come la sua espressione mistica. I Sufi pensano che esista una «unità pensante» di tutte le cose, una sorta di Misericordia cosmica e che sia questa la «qualità» unificante dell’esistenza. Arriviamo qui, allora, alla sottile differenza di sfere che esiste, nella religiosità cristiana, tra la Misericordia del Signore, ben illustrata nel Nuovo Testamento dalla parabola del Buon Samaritano (Luca 10, 37), e quella di Maria. Mentre la prima prende esattamente la forma della definizione che viene dall’etimologia latina, cioè quella di un gesto di condivisione attivo e volontario nei confronti di qualcuno che chiede aiuto, da cui la nascita delle varie Misericordie, confraternite o arciconfraternite dedite alle Opere di misericordia nei confronti dei più bisognosi, secondo una classica estrinsecazione dell’ethos cristiano, la seconda, quella mariana, si estrinseca in un ambito molto più vasto, olistico potremmo dire, cioè di empatia immediata nei confronti di tutta la Creazione, essendo la Madre di Dio, da questo punto di vista, null’altri che l’ultima ipostasi della Grande Madre, della Pacha Mama americana, o quella che alle nostre latitudini fu un tempo la Potnia Mediterranea. E infatti, se guardiamo alle rappresentazione iconografiche delle due Misericordie, che sono in realtà ovviamente forme complementari della stessa sostanza vediamo che, mentre quella del Signore viene effigiata attraverso atti di carità verso i poveri, la Madonna della Misericordia, in particolare nell’iconografia dal XIII secolo, è invece rappresentata in piedi, nell’atto di accogliere sotto il suo ampio manto i fedeli o i religiosi a lei devoti, di solito inginocchiati in preghiera. È esattamente la stessa immagine della Grande Dea circondata da tutte le forme della Creazione che, secondo questa concezione della figura mariana, sono emanazioni del suo essere, a partire da suo figlio. E dunque, il significato che il papa attribuisce all’inizio dell’Anno Santo dedicato alla Misericordia nel giorno dell’Immacolata, ha certamente anche questo intento, per cui il gesto misericordioso acquisisce una trasparenza di significato molto più vasto, di alleanza tra l’umanità e tutto il resto della manifestazione, simboleggiato dalla figura di Maria-Gaia, la Madre di tutte le cose.

In un momento dell’umanità in cui le opposizioni culturali e religiose, insieme a quella fondamentale tra esseri umani e natura, mettono in pericolo tutte le forme di esistenza sul pianeta, possiamo capire allora il contesto ed il corrispondente significato simbolico sul quale Papa Francesco ha orientato la sua scelta.

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