«Vorrei lanciare un allarme e anche un appello a tutti i candidati alle primarie di Roma e a tutto il centrosinistra: prima del 20 giugno abbiamo dieci giorni di tempo, dobbiamo fare uno sforzo corale di mobilitazione per informare i romani, coinvolgerli, altrimenti rischiamo che siano un flop». Massimiliano Smeriglio, eurodeputato eletto col Pd, coordinatore di Liberare Roma, è preoccupato per la scarsa visibilità delle primarie per il candidato sindaco.

A Bologna ci sono primarie infiammate, cosa non sta funzionando nella Capitale?

Stiamo faticando a imporre l’agenda, in città prevale il disincanto, non c’è stata quella connessione con il popolo del centrosinistra che esiste, ma non è coinvolto da questo appuntamento. Rischiamo di restare schiacciati tra Raggi, che è in campo e governa, e la destra che ha trovato i suoi candidati, il ticket Michetti-Matone che salda la destra storica con due figure civiche.

Lei aveva chiesto «primarie vere», denunciando settimane fa che altrimenti sarebbero state un boomerang. Il problema è sempre lo stesso: l’esito scontato a favore di Gualtieri.

Siamo ancora in tempo per renderle il più vere possibili. Ci sono 7 candidati in campo, hanno idee per la città, le primarie devono uscire dal circuito degli addetti ai lavori, devono essere un’occasione per accendere i motori della campagna elettorale vera.

Ce l’ha col Pd che sta tenendo un basso profilo?

Non ce l’ho con nessuno, rivolgo invece un appello a tutti noi: non basta che i singoli candidati vadano in visita al circolo o all’associazione, servono più confronti tra candidati, che ognuno si sforzi per informare la città che si vota, che è un appuntamento cruciale.

Difficile ormai raddrizzare una partita che non coinvolge. Non crede?

Forse non a tutti è chiaro che l’esito di questo primo tempo non sarà un passaggio neutrale: se le cose vanno male, poi si mette male anche alle elezioni vere.

Un buon risultato di partecipazione quale sarebbe?

Nel 2016 andò male, votarono in 40mila. Ecco, stavolta non possiamo scendere sotto 50mila. Altrimenti sono dolori.

In concreto, come si rianimano le primarie?

Il Pd, che è il soggetto più forte, deve coinvolgere le tv nazionali, far sì che ospitino un grande confronto tra i candidati di Roma. Ma non basta.

Gli altri candidati accusano Gualtieri di non voler dei confronti con loro.

Il 15 giugno allo Spin time di San Giovanni è previsto un confronto con tutti. Quel luogo è un’occupazione particolare, un centro culturale: ci saranno tante realtà sociali che i candidati ascolteranno. Questi appuntamenti si devono moltiplicare. Io non critico Gualtieri o altri candidati, mi rivolgo a tutti, anche ai semplici elettori, a quella sinistra distratta che resta in disparte.

Colpa degli elettori se non si appassionano?

Dico solo che il nostro popolo deve farsi sentire, fare un’invasione di campo, straripare. Da soli non ce la facciamo a riconquistare Roma.

Forse manca un messaggio complessivo del centrosinistra a Roma, una ragione per sentirsi parte di un progetto.

Ma la colpa non è dei candidati. In questi anni si poteva fare una opposizione più netta, arrivare più preparati a questo appuntamento.

Al di là delle possibile riconquista del Campidoglio, qual è la vostra idea di fondo?

Nel 2016 abbiamo subito un voto di punizione che ha premiato Raggi, gli errori della stagione Marino non sono mai stati elaborati del tutto. Ora il messaggio è che abbiamo capito, che siamo cambiati e stiamo ancora cambiando, e soprattutto che abbiamo una classe dirigente in grado di governare la città, a differenza del M5S e della destra.

La solita sinistra affidabile che sa governare ma non appassiona più?

Non è così. La nostra candidata, Imma Battaglia, ha un’esperienza importante sulla semplificazione, sulle smart city, oltre che sui diritti. Gualtieri ha un esperienza nazionale e internazionale, un portafoglio di relazioni importanti, Giovanni Caudo una grande competenza urbanistica. Queste forze, unite, sono in grado di dare una svolta a Roma. Però queste cose bisogna dirle, togliere il silenziatore, far capire che questo non è un appuntamento di proprietà di qualcuno.