Se sei un uomo e sei arrivato da solo sei fortunato perché rispetto agli altri hai più possibilità di farcela. Altrimenti devi solo sperare che qualcuno della tua famiglia, tuo figlio, tua madre o tua moglie, non venga travolto dalle migliaia di disperati che, come te, cercano solo di sopravvivere.

DA TROPPI MESI ORMAI per chi si trova nel campo profughi di Moria, sull’isola greca di Lesbo, ogni cosa, anche la più piccola e normale si è trasformata in un trofeo da conquistare con una battaglia quotidiana.

Riuscire a mettere le mani su una bottiglia d’acqua e un pezzo di pane, oppure avere una visita dal medico e perfino andare in bagno o fare una doccia significa nel migliore dei casi rassegnarsi a file che possono durare tre o quattro ore, ma va messa in conto anche la possibilità di dover sgomitare e addirittura litigare per avere un pezzetto di normalità. «Quando metti 8.000 persone in un luogo che può contenerne al massimo 3.000, costringi la gente a lottare anche per avere accesso ai servizi minimi» denuncia Luca Fontana, coordinatore a Lesbo dei progetti di Medici senza frontiere. Nei giorni scorsi l’organizzazione ha lanciato l’allarme sul sovraffollamento del centro di Moria e sulle continue violenze – anche sessuali – che si verificano al suo interno. Allarme rimasto inascoltato dal governo greco anche prima che gli incendi che hanno devastato l’Attica scatenassero una nuova e più dolorosa emergenza.

QUELLO DI MORIA è il primo e più grande dei campi profughi aperti da Atene sulle isole dell’Egeo. Nel tentativo di gestire gli arrivi dei migranti l’Ue propone adesso di allestire hotspot nei paesi di sbarco, con il rischio che situazioni simili a quelle che si vedono oggi a Lesbo possano moltiplicarsi. «Come si possono lasciare le persone due anni in attesa di sapere se la loro richiesta di asilo è stata accettata oppure no, e soprattutto in queste condizioni?», chiede Fontana. «Se questo è il modello che stiamo creando è bene sapere che sta minando ogni possibilità di integrazione».

Nel tentativo disperato di alleggerire la condizioni di vita del campo, a gennaio 1.200 migranti si sono spostati in un vicino uliveto allestendo un campo abusivo con tende e baracche sprovviste di acqua, corrente e servizi igienici.

«Abbiamo iniziato a installare dei rubinetti per avere almeno l’acqua potabile – prosegue Fontana – ma per il cibo e le cure mediche tutti dipendono ancora da Moria». Il risultato è che oggi c’è un bagno ogni 72 persone e una doccia ogni 84 «e solo due medici greci per assistere 8.000 persone», ricorda Fontana.

UN AIUTO IMPORTANTE arriva da Msf e dalle altre organizzazioni presenti, ma è chiaro che non basta. «Anche perché il ministero dell’immigrazione non collabora», prosegue il coordinatore di Msf. «Abbiamo un paziente con l’Hiv che deve essere spostato in un ospedale di Atene da oltre un mese e nessuno fa niente». A pagare il peso maggiore di questa situazione sono, ovviamente, donne e bambini.

IL 30% DELLA POPOLAZIONE di Moria è composta da minori, almeno 300-400 dei quali non accompagnati che durante il giorno vengono seguiti in una safe area da alcuni tutori. «Di notte però anche questa area protetta diventa una giungla dove può accadere di tutto» racconta Fontana ricordando come dalle terapie di gruppo messe in atto da Msf sia emerso un aumento proprio tra i bambini dei casi di attacchi di panico, pensieri suicidi e tentativi di togliersi la vita». «Sono ri-traumatizzati dalla loro esperienza di vita a Moria» spiega Msf. C’è poi il caso dei genitori soli con figli, in particolare mamme con uno o più bambini. «Ci sono neonati che dormono in una tenda circondati da migliaia di adulti», prosegue Fontana. «Quando il genitore single deve allontanarsi per prendere da mangiare o per qualsiasi altro motivo non sa a chi lasciare i bambini che restano da soli in una situazione in cui può accadere di tutto».

NEL 2016 MSF HA DECISO di uscire dal campo di Moria e di rifiutare i finanziamenti europei in segno di protesta contro l’accordo siglato dall’Ue con la Turchia per fermare i migranti. Da allora lavora con i propri medici all’esterno del campo cercando di supplire alle carenze del governo greco. Che però non sembra in grado di intervenire in maniera efficace velocizzando l’esame delle richieste di asilo e garantendo condizioni di vita più umane ai migranti.

Una situazione che potrebbe addirittura peggiorare se, come si ipotizza, la Grecia dovesse andare a elezioni anticipate entro la fine dell’anno invece che nell’autunno del 2019. Con i sondaggi che danno la destra di Nuova democrazia in netto vantaggio rispetto alla Syriza del premier Alexis Tsipras e i neofascisti di Alba dorata in continuo aumento.