Allora Mario Draghi lo sa: anche se «con l’accordo di Parigi ci siamo impegnati a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali» e «la maggior parte dei nostri Paesi ha rinnovato questo impegno nelle recenti riunioni del G20», l’Occidente sta facendo poco o niente contro il riscaldamento globale. «Dobbiamo essere onesti nei confronti di noi stessi: stiamo venendo meno a questa promessa» ha detto il presidente del Consiglio in un videomessaggio al Forum delle maggiori economie sull’Energia e il Clima (Mef), promosso dal Presidente Usa Biden. «Se continuiamo con le politiche attuali, raggiungeremo quasi 3 gradi di riscaldamento globale entro la fine del secolo» ha aggiunto Draghi, parlando anche di «conseguenze catastrofiche». Sono tutte cose note: il mondo scientifico le afferma da decenni mentre il primo governo italiano che s’è dotato di un ministero per la Transizione Ecologica asseconda politiche che alimentano il ricorso alle fonti fossili, favorendo la ricerca di nuovi pozzi di petrolio e gas e autorizzando la realizzazione di nuove autostrade.

EPPURE IERI, da Atene, Draghi non avrebbe potuto fare autocritica, dato che al summit virtuale promosso dagli Stati uniti d’America è intervenuto anche Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite: «Il mondo è su un percorso catastrofico verso 2,7 gradi di riscaldamento globale. C’è un alto rischio di fallimento della COP26» ha detto Guterres, parlando del summit in programma a fine ottobre a Glasgow.
Ecco perché Draghi ha sottolineato, a partire dai dati dell’ultimo rapporto di analisi del Gruppo intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici (IPCC), la necessità di «realizzare riduzioni immediate, rapide e significative delle emissioni», invitando tutti a fare la propria parte per ridurre le emissioni e raggiungere la neutralità climatica. «Dobbiamo onorare gli impegni presi in materia di clima e, in alcuni casi, essere pronti a prenderne di più audaci» ha aggiunto Draghi. «Dobbiamo sostenere sia i nostri cittadini, sia i Paesi in via di sviluppo, nell’affrontare questa onerosa transizione», continuando così ad alimentare la retorica alimentata nelle ultima settimane dal ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, che ancora ieri a Milano, presentando la Pre-COP in programma nella città lombarda a fine settembre ha parlato di un recovery che non dovrà essere «elitario», che fa il paio con l’affermazione secondo cui gli ambientalisti sarebbero dei radical chic.

COMMENTANDO l’accordo raggiunto tra Usa e Ue sulla riduzione delle emissioni di metano, un gas climalterante più impattante della CO2, Draghi ha commentato: «L’Italia accoglie con favore il “Global Methane Pledge”. Dobbiamo raggiungere un’intesa comune sulla necessità di ridurre in modo significativo tutte le emissioni di gas a effetto sera, compreso il metano, nel prossimo decennio». A Biden, Draghi ha rivolto un messaggio affettuoso: «Presidente Biden, non vedo l’ora di continuare a lavorare con tutti voi per un futuro più sostenibile ed equo», passando poi a riconoscere che «gli effetti dei cambiamenti climatici sono già molto chiari», elencando quindi il numero di disastri legati ad eventi meteorologici, che negli ultimi cinquant’anni «si è quintuplicato», evocando «gli incendi stanno divorando le foreste, dalla California all’Australia», inondazioni sempre più devastanti come quelle che hanno colpito la Germania e la Cina e poi – parlando dell’Italia – «l’innalzamento del livello del mare a Venezia e lo scioglimento dei ghiacciai sulle Alpi», un processo in atto ma che andrebbe correttamente definito fusione.

TUTTI TEMI che saranno al centro anche della Pre-Cop26, a Milano: dal 30 settembre, tre giorni di lavori istituzionali su aspetti politici chiave del negoziato del clima. Roberto Cingolani, presentando l’appuntamento che verrà inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dello stesso Draghi e del primo ministro britannico Boris Johnson. Secondo Cingolani, ha ribadito che «l’obiettivo primario sarà tenere sotto i 1,5 gradi la temperatura globale, ma bisogna farlo cercando di livellare le differenze e di non lasciare nessuno indietro». Non è chiaro, forse, che è il Nord del mondo a dover frenare.