Passa un giorno, passa l’altro e si accumulano gli anni sulle vicende di Alitalia ed Ilva. Né si può dire come quel centurione romano citato da Tito Livio hic manebimus optime.Comunque, c’è ora qualche indizio che almeno per una delle due vicende si possa essere forse vicini ad un punto di svolta.

UNA COSA CHE appare chiara a proposito dei politici che ora tentano di governarci è quella che le loro competenze in materia di imprese appaiono abbastanza scarse. Certo, i Cinque Stelle presentano come loro modello l’Olivetti, azienda dove il loro ex-ideologo, Gianroberto Casaleggio, aveva lavorato; ma questo quando la visione di Adriano e il suo modello di impresa erano ormai svaniti da tempo, mentre su tutto aleggiava invece il futuro capitano coraggioso Colaninno. In ogni caso, i riferimenti del Movimento 5 Stelle al modello di Ivrea appaiono piuttosto fumosi. Per quanto riguarda la Lega, l’unico loro contatto noto con l’ azienda eporediese è quello di avere la loro sede milanese collocata nella stessa strada in cui c’erano gli uffici dell’azienda di Ivrea, forse (ahimè) proprio nello stesso palazzo. Se fosse così, avremmo un bel cambiamento nella destinazione d’uso.

A proposito di temi aziendali, le dichiarazioni ufficiali dei governanti su come risolvere le due crisi citate sono alquanto singolari.
Partiamo dunque dalla vicenda dell’Alitalia.

Entrambi i partiti al governo hanno accennato alla necessità di salvaguardare l’italianità della compagnia, anche se in maniera poco convinta; più preoccupanti le affermazioni nette di Salvini sul fatto che il Governo non accetterà spezzatini, come imporrebbe invece il principio di realtà.

NON È CHE l’azienda valga ormai molto o che essa presenti particolari attrattive. Tra l’altro, in Italia essa ha da tempo perso il suo primato di mercato a favore di Ryanair, mentre anche il secondo posto è ora minacciato dalla crescita di Easyjet; secondo delle cifre fornite dal Corriere della Sera, l’azienda trasportava 25 milioni di passeggeri nel 2011, contro i 21,8 del 2017, mentre il mercato mondiale aumentava nel frattempo di quasi il 50%. A livello europeo la sua quota era, sempre nel 2017, del 2,0% e a livello transatlantico dell’1,2%.

INTANTO il settore si trasforma a ritmi vertiginosi e mostra un livello di competitività sempre elevato. In tale quadro sembra esservi una sola possibile soluzione, vendere in fretta e a pezzi il gruppo, con la Lufthansa e la Easyjet ( o Wizz Air) per il settore dei voli e un’altra società per i servizi a terra, cercando di ottenere qualcosa in più di quanto sinora negoziato sul piano dei livelli di occupazione.

A meno che non esca all’ultimo minuto un qualche coniglio dal cappello, questa volta rappresentato, come fa intravedere qualcuno, dal solito cinese, che però nessuno ha ancora visto. Intanto le notizie sulle prospettive del dossier appaiono scarse.

Per quanto riguarda l’Ilva, è stato soprattutto Di Maio ad agitarsi sino ad oggi; egli aveva cominciato col dire che bisognava chiudere l’impianto e varare al suo posto delle nuove iniziative, di fronte ad una posizione meno netta della Lega.

Quella almeno iniziale del leader dei Cinque Stelle è da tempo anche la linea di una parte almeno della popolazione di Taranto, esasperata dai gravi ritardi nella partita e dal fatto che essi continuano ad ammalarsi, mentre le soluzioni prospettate nel piano Calenda appaiono, sul fronte dell’inquinamento, per lo meno insufficienti.

MA PENSARE che nella situazione attuale dell’ amministrazione e della finanza pubbliche si riesca a ricollocare con nuove iniziative almeno ventimila persone appare un’idea fuori del ragionevole, anche vestendo per un momento i panni del Candide di Voltaire.

E d’altro canto è chiaro chiudere un impianto così importante per l’Italia e per l’economia del Sud apparirebbe irresponsabile.

Poco meno drastica è la posizione del presidente della regione Puglia, che invoca una decarbonizzazione della struttura. Potrebbe essere la quadratura del cerchio, ma la fattibilità del progetto è molto difficile, se non forse a lunghissimo termine.

A QUESTO PUNTO, mentre una parte dei Cinque Stelle insiste sulla chiusura, sembra che invece Di Maio stia lavorando con buona volontà e costruttivamente ad una possibile soluzione (egli appare propenso, per il momento e più in generale, ad ascoltare gli altri e ad apprendere, virtù rara) migliorando il piano Calenda con qualche sforzo in più sul piano del disinquinamento e sul livello dell’occupazione.

Lunedì il ministro si dovrebbe esprimere e ne sapremo di più. E’ certo che una soluzione deve essere trovata al più presto, anche perché fra poco si esauriranno i soldi a disposizione dei commissari.

Attendiamo quindi ancora qualche giorno, sperando di non trovarci di fronte all’ ennesimo rinvio; allora veramente perseverare apparirebbe diabolico.