Lo avevamo lasciato a dicembre e gennaio a trattare con Arcelor Mittal come consulente informale del governo. Ora, solo cinque mesi dopo con il lockdown in mezzo, troviamo Francesco Caio come presidente della nuova Alitalia. Nel frattempo però è ancora formalmente presidente di Saipem. Potenza – e miseria – dei manager statali (pochi sono di livello, quasi tutti passano ai privati) e della politica (che quando ne trova uno decente lo usa come il prezzemolo).
Con Caio è ufficialmente partito il nuovo corso dell’ex compagnia di bandiera che dopo anni di commissariamento ora trova incredibilmente una situazione nei cieli impazzita causa Covid e con i 3 miliardi statati di capitale iniziale può ricostruire una storia e un mercato.
Il nuovo presidente della newco che affitterà i rami vivi (volo, manutenzione, cargo e handling) della vecchia Alitalia commissariata, ieri ha parlato per la prima volta dopo la nomina di lunedì sera strombazzata sui social da tutto il governo come se una squadra in piena retrocessione comprasse Pelè. «A che punto siamo? Ora siamo presidenti di Saipem, consapevoli della sfida Alitalia su cui poi avremo modo di comunicare quando il perimetro sarà più chiaro», ha detto durante un convegno di Class Cnbc. «Il contesto è particolare – ha continuato Caio – il virus dà una prospettiva diversa, ma mi sembra di poter dire che il tema della partecipazione dello Stato può essere visto come grande opportunità di sviluppo nel momento in cui si trova un interesse comune tra la politica industriale e l’interesse degli investitori privati. Le aziende in cui lo Stato svolge il ruolo di azionista hanno capacità di volano: pensiamo alla transizione energetica, alla mobilità. Trasparenza e professionalità sono elementi che rendono il dialogo con l’investitore e il mercato costruttivo. Quindi l’importante è che ci sia chiarezza nella governance e che sia vista come un elemento di accelerazione», ha concluso Caio.
Insieme a Caio è stato chiamato come amministratore delegato Fabio Lazzerini, lunga esperienza in Emirates e che era tornato in Alitalia come chief commercial officer. Proprio questo ruolo è sotto gli occhi della commissione europea: ieri il portavoce di Bruxelles ha commentato: «in generale, la Commissione valuta la discontinuità economica tra la vecchia e la nuova società usando una serie di criteri tra cui il prezzo e i tempi del trasferimento, la logica economica dell’operazione» e che ogni caso «fa storia a sè».
Ora Caio e Lazzerini dovranno preparare il piano industriale. Nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli ha specificato che ci sono delle linee guida per la nuova Alitalia che dovrà essere fondata sul lungo raggio, la razionalizzazione della flotta, il mantenimento dell’occupazione, lo sviluppo del settore cargo. Un punto di riferimento, secondo quanto trapela, sarebbe il modello Tap: la compagnia aerea portoghese ha puntato su aerei di nuova generazione, che le hanno permesso di abbassare il consumo di carburante, e ha poi prediletto il lungo raggio rispetto al medio per generare ricavi.
Commenti positivi ma guardinghi alla nomina arrivano dai sindacati: «Ora vanno colte le opportunità che un lavoro condiviso con le organizzazioni sindacali può garantire per il rilancio – dichiara il segretario nazionale Filt Cgil Fabrizio Cuscito – È positivo aver sciolto il nodo del management. Dopo aver già perso troppo tempo, occorre intervenire prontamente – chiede Cuscito – per riacquisire fette di mercato e per rendere competitiva la compagnia a livello domestico e internazionale. Per noi – afferma infine il segretario nazionale della Filt Cgil – nessuno deve essere escluso, salvaguardando gli asset di volo, manutenzione e handling ed investendo nel settore cargo».
L’Usb invece ha protestato sotto il ministero dei Trasporti con precari e lavoratori contestando il rischio di tagli occupazionali: «Alitalia senza esuberi» e «La crisi del trasporto aereo non la devono pagare i lavoratori», erano gli striscioni.