Forse per i rossi delle sue rocce e delle sue tempeste di sabbia, così affascinanti da fotografare, Marte ha ampiamente provato di esser irresistibile al cinema. Ci sono stati, tra gli altri, John Carpenter (Fantasmi su Marte), Brian De Palma (Mission to Mars), Paul Verhoeven (Total Recall), il pixariano Andrew Stanton (John Carter), Robert Zemeckis (produttore di Milo su Marte)…Mentre Tobe Hooper (Invaders, remake del classico da Guerra fredda di William Cameron Menzies Invasori spaziali) e Tim Burton (Mars Attacks!) hanno preferito portare i suoi abitanti a compiere devastazioni sulla Terra.

Quest’autunno è la volta di Ridley Scott. Dopo il pretenzioso pseudo-prequel di Alien, Prometheus, e l’impennata camp di The Counselor – Il procuratore e Exodus: Dei e re, il settantasettenne regista baronetto fa il suo film più spensierato e «gradevole» da molti anni a questa parte, un antidoto al trascendente gigantismo spaziale di Interstellar, e il migliore spot immaginabile oggi (due ore in elegante, super nitido, 3D su una colonna sonora fatta di classici della disco music) per le ambizioni della Nasa, penalizzate da anni di tagli e da una pop cultura, autoreferenziale, ripiegata sulla centralità del selfie, il primo piano di se stessi, che lascia poco spazio agli orizzonti dell’avventura.

Non a caso, la Space Agency americana e parecchi dei suoi esperti figurano tra i consulenti del film.

Nelle sale di tutto il mondo in contemporanea con la notizia che confermerebbe l’esistenza di acqua su Marte, The Martian è tratto dal libro omonimo di Andy Weir, informatico patito di Asimov e Clarke, che nel 2011 lo pubblicò a puntate sul suo sito (prima che fosse acquisito da Kindle e poi dalla Crown Publishing).

Si tratta di un’avventura classica, sotto tutti i punti di vista, con una premessa da Robinson Crusoe (anche se all’abbinamento tra Defoe e il pianeta rosso aveva già pensato Byron Hoskins, nel 1964, con Robinson Crusoe on Mars, in cui la parte del selvaggio Venerdì veniva incorporata da un alieno) in cui un astronauta abbandonato su Marte deve ingegnarsi a sopravvivere su un pianeta completamente deserto.

Nel film di Scott, Matt Damon è Mark Watney, il botanico di un equipaggio di astronauti in missione su Marte. L’arrivo di una tempesta insolitamente violenta, fa sì che il comandante della spedizione (Jessica Chastain) ordini di evacuare il pianeta. Nel breve tragitto tra la base e la navicella, complicato dalla bufera, Watney viene travolto da un detrito e dato per disperso dai suoi colleghi. Sulla Terra, il direttore della Nasa (Jeff Daniels), contrito, annuncia la sua morte, mentre Watney, anche se malandato, è vivo e riesce a trascinarsi fino alla base.

Impossibilitato a comunicare con il pianeta madre, o con i suoi compagni che stanno tornando a casa, Watney si ingegna prima di tutto per moltiplicare il più possibile le razioni di cibo a sua disposizione. E, facendo appello ai suoi studi e a un sacchetto ermeticamente chiuso su cui sta scritto «aprire solo il giorno del Ringraziamento», si inventa un campo di patate fatto in casa. Diversamente dai toni cupi, claustrofobici, di Prometheus, o di film di sci fi in solitaria come Moon, Scott rispetta il tono del libro di Weir e tiene alto il coefficiente umoristico. Usando come stratagemma le videoregistrazioni/diario che Watney fa a beneficio dei futuri residenti della base (la prossima spedizione dalla Terra è attesa entro un minimo di quattro anni), Damon racconta il suo quotidiano, arricchito di leggero sarcasmo, guardando in macchina e quindi rivolgendosi direttamente al pubblico. Il che dà a questo kolossal da parecchie decine di milioni di dollari, un tono colloquiale, intimo.

La dialettica tra quella dimensione «famigliare» e la vastità della solitudine sullo sfondo del magnifico panorama marziano, classicamente fotografato da Darius Wolski, funzionano molto bene.

Ancor prima che a Terra (e poi sull’astronave dei compagni che l’hanno lasciato a piedi per sbaglio) i potenti cervelli della Nasa scoprano che Watney è vivo e si mettano in moto per salvarlo, The Martian, è un film vecchio, sull’ingegnosità americana, sul suo sano spirito di sopravvivenza. Ma senza patriottismi banali o tromboni.

Anche perché, visto come butta oggi il botteghino, per salvare Watney ci sarà bisogno anche dell’aiuto della Cina.